Le piogge abbondanti dell’estate e il tepore di settembre hanno favorito una crescita straordinaria di funghi e nei boschi italiani è scoppiato il delirio
Un’annata così, a memoria d’uomo, è difficile da ricordare. Le piogge abbondanti dell’estate e il tepore di settembre hanno favorito una crescita straordinaria di funghi. I boschi italiani si sono riempiti di porcini, finferli e ovoli, un tesoro naturale che richiama migliaia di appassionati. Ma l’abbondanza, invece di generare armonia, ha acceso tensioni che in diversi casi sono sfociate in veri e propri scontri. All’Aprica, in Valtellina, come abbiamo riferito nelle scorse settimane, un raccoglitore è finito in ospedale dopo un’aggressione, mentre nell’entroterra di Lavagna, in Liguria, un diverbio per un cesto conteso si è trasformato in rissa.
"Stiamo assistendo allo stupro delle foreste — denuncia Mauro Delgrosso, direttore del corso regionale di Micologia a Borgotaro località celebre nel mondo per i suoi boleti —: violenza bruta, totale mancanza di rispetto per gli ecosistemi e per il lavoro dei proprietari dei terreni". Le regole esistono, ma vengono sistematicamente disattese. Il tesserino di raccolta, che costa in media tra i 12 e i 15 euro, molti non lo pagano. Il limite massimo giornaliero è fissato a tre chili, ma non sono rari i casi di fungaioli che tornano a casa con venti o trenta chili, trasformando una passione in un vero e proprio saccheggio.
La situazione ha risvolti anche economici: il Consorzio del fungo Igp di Borgotaro paga cinque euro al chilo per i conferimenti, una cifra irrisoria se paragonata ai prezzi al consumo, ma sufficiente a incentivare un “bracconaggio” senza regole. "Ho trovato interi tappeti di gambi di porcini lasciati a terra — racconta ancora Delgrosso —: vengono portate via solo le cappelle per riempire all’inverosimile ceste e zaini. Con le fototrappole ho documentato carichi interi stivati in furgoni".
Le guardie forestali cercano di contrastare gli abusi, ma il loro numero è insufficiente rispetto alla massa di cercatori. I controlli sono scarsi, le maglie larghe, e molti sfuggono. Intanto, sui social impazzano foto di cesti stracolmi, diventati una sorta di trofeo digitale, alimentando la mania e la competizione.
Il risultato è un clima da “far west” nei boschi italiani, dove la ricerca del porcino si trasforma in conflitto e le regole della convivenza civile vengono calpestate. Una passione antica e popolare, che rischia di snaturarsi e diventare l’ennesimo terreno di scontro, tra interessi privati, avidità e la fragilità degli ecosistemi forestali.