Chieste condanne con la condizionale per i due agenti di Polizia. Alle 16.30 il verdetto. Per la difesa, "se non si fosse trattato di Gobbi, oggi non saremmo qui"
BELLINZONA – Aula piena, toni pacati ma atmosfera tesa, oggi alla Pretura penale di Bellinzona, dove si è aperto il processo legato all’incidente stradale che coinvolse il consigliere di Stato Norman Gobbi. Alla sbarra, due agenti della Polizia cantonale: un aiutante capo 47enne e un sergente maggiore 40enne, accusati di favoreggiamento per non aver disposto l’esame del sangue al direttore del Dipartimento delle istituzioni dopo l’incidente avvenuto nella notte del 14 novembre 2023 sull’A2, all’altezza di Stalvedro.
Secondo l’accusa, i due avrebbero “intenzionalmente o quantomeno con dolo eventuale” sottratto Gobbi ai controlli che si imponevano. Per entrambi, il procuratore generale Andrea Pagani ha chiesto una condanna a 30 aliquote giornaliere sospese con la condizionale per due anni.
Per il PG Pagani, “i due imputati sono due ottimi agenti, che si sono trovati ad affrontare una situazione difficile. In quella notte, però, mancarono lucidità, rigore e fermezza”. Per l’accusa, nonostante la complessità del contesto – etilometri con calibrazione scaduta e un conducente di alto profilo – le regole erano chiare: “L’articolo 12 dell’Ordinanza federale impone un esame del sangue se il test supera 0,15 mg/l e si sospetta guida in stato di ebrietà due o più ore prima. È una norma che non prevede eccezioni”.
Pagani ha ricostruito con precisioni i fatti. Dopo una cena a Mezzovico, Gobbi (che aveva bevuto quattro bicchieri di vino), si sarebbe messo alla guida verso le 23:35. L’incidente – provocato da un altro automobilistica – sarebbe avvenuto circa quaranta minuti dopo. I primi test con etilometro segnarono valori tra 0,28 e 0,33 mg/l, ma sul display appariva la scritta “calibrazione scaduta””.
“Nonostante il problema fosse noto da mesi, la decisione di non procedere con il prelievo del sangue è stata presa consapevolmente”, ha sottolineato Pagani. “Anche se si fosse trattato di pochi minuti oltre la soglia delle due ore, la legge è chiara: l’esame andava fatto. Airolo non è una zona discosta, e parlare di “prassi” è improprio: parliamo di una manciata di casi in tre anni, non di un uso consolidato”.
Ascoltati in aula, i due imputati hanno negato qualsiasi intento di favoritismo. Entrambi hanno dichiarato di “avere la coscienza pulita” e di conoscere Gobbi “solo di vista” e concordano sul fatto che il Consigliere di Stato non mostrava segni di ebbrezza. “Era tranquillo e collaborativo. Mi sembrava eccessivo portarlo da Airolo a Bellinzona per un prelievo”.
“Non ordinando l’esame del sangue – incalza Pagani -, non si è accertata un’eventuale alcolemia. Nella migliore delle ipotesi, si sono presi il rischio di favorire il consigliere di Stato”.
Decisamente diversa la lettura della difesa, che chiede il proscioglimento degli imputati. L’avvocato difensore del sergente maggiore respinge le accuse di favoreggiamento. “Si tratta di un processo che nasce dalle conseguenze politiche. Se il conducente non si fosse chiamato Norman Gobbi, oggi non saremmo qui”. Ha poi ricordato che il superamento delle due ore non è stato provato in modo oggettivo e che il primo test era tecnicamente nullo: “La scritta “calibrazione scaduta” non è un dettaglio. In quel momento gli agenti avevano l’obbligo di non considerare valido quel risultato”.
Per l’avvocato Maria Galliani, legale dell’aiutante capo, “il mio assistito ha agito secondo le informazioni ricevute dal collega, in buona fede. È andato ad Airolo proprio per assicurarsi che la procedura venisse seguita. Parlare di dolo, anche eventuale, è fuori luogo”.
In aula, è emerso anche che l’aiutante capo aveva preparato una bozza di comunicato stampa per informare i media come “segno di totale trasparenza”.
La sentenza è attesa a metà pomeriggio.