“I Frontaliers sono sempre piaciuti, hanno una comicità semplice e coinvolgente, oltre che empatica: tutti noi della fascia di confine ci immedesimiamo dalla parte di Bernasconi o di Bussenghi, anche grazie al fatto che in dogana si passa spesso. È una realtà che ci tocca, e ciò li rende universali nella nostra regione. Il film non è uno sketch come hanno fatto loro ma un’occasione per conoscerli meglio, approfondirli, conoscere i retroscena, le loro mentalità. È un vedere oltre la dogana. Di solito gli sketch, appunto, erano in dogana, mentre il film parte da li ma è ambientato anche in altri luoghi, penso a Usmate Carate, il luogo dove lavora Bernasconi, poi c’è per esempio la Cesira. Il cinema è il luogo dove il pubblico va per immergersi in una realtà fantastica, misteriosa, paurosa, divertente, in base alle emozione che cerca. Il film è questo: dà al pubblico la possibilità di immergersi in un mondo di finzione locale popolato dai nostri amati Bussenghi e Bernasconi”.