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18.01.2017 - 13:210
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

L'infermiera, «siamo una società evoluta, e chiunque vuol restare a casa il più a lungo possibile. No ai tagli!»

La presidente dell'Associazione professionale degli infermieri, «il problema maggiore non è il taglio finanziario I sacrifici non devono sempre ricadere sulle spalle dei cittadini più deboli»

BELLINZONA - Essere curati a casa propria è un valore aggiunto. Le cure a domicilio permettono ciò, e dunque è soprattutto per quello, e non per i tagli, dato che 2 milioni in fondo appaiono poca cosa rispetto al bilancio complessivo dello Stato, che chi si occupa in prima persona di assistere le persone che hanno bisogno di cure al proprio domicilio, per voce della presidente dell’Associazione professionale degli infermieri ASI/SBK sezione Ticino, prende posizione in merito al referendum sul tema dei 12 febbraio. «Gli ideali sociali e ugualitari, molto presenti nell’animo della nostra professione, vanno in opposizione alle leggi di mercato e profitto che regolano ampie fette della nostra società», esordisce Luzia Mariani-Abächerli. Dato che «la speranza di vita si accresce, la popolazione invecchia, aumentano le patologie croniche che incidono sulla qualità di vita e sull’autonomia, le reti di sostegno informali sono sempre più fragili con famiglie a loro volta confrontate a disgregazione e difficoltà economiche…», «l'asssistenza e la cura a domicilio sono la risposta più efficace e di qualità che possiamo offrire, poiché permettono l’utilizzo ottimale delle risorse residue – fisiche, sociali e morali – della persona presa a carico, evitando di far capo alle istituzioni residenziali non appena la situazione diventa di difficile gestione. Senza dimenticare il grande valore di benessere che assume la casa per ogni essere umano lungo la vita: nido di protezione, oasi di tranquillità e spazio nel quale l’individualità può trovare la sua dimensione, libera e personalissima, alla quale non si vuole rinunciare, se non il più tardi possibile». «Per tutto ciò (e non tanto per il taglio finanziario richiesto -2 milioni - che possono sembrare poca cosa nel complessivo dei conti dello Stato) e per il principio della simmetria dei sacrifici che non devono sempre ricadere sulle spalle della cittadinanza più debole, dobbiamo opporci alla decisione di ridurre il finanziamento delle cure a domicilio», spiega. «I franchi richiesti al singolo utente come contributo possono fare la differenza tra potersi permettere il servizio d’aiuto nella sua interezza o doverci rinunciare nonostante il bisogno. Siamo una società evoluta: non possiamo permettere che la soddisfazione dei bisogni primari sia ostaggio della condizione economica. Tutti devono poter essere sostenuti nel momento del bisogno tra le mura domestiche».
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