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02.10.2017 - 18:010
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

Robin Hood non va più nel bosco. Gerri Beretta Piccoli, "il mio linguaggio è sorpassato e i Verdi non capiscono che il primo albero da curare è l'uomo. Se mi proponessero il Nazionale..."

Lo storico Consigliere Comunale lascia oggi il Legislativo. "La più grande vittoria è aver fatto introdurre l'educatore di strada. I Municipali di oggi non hanno tempo e molti pensano di vivere in aula 24 ore su 24. Io sono rimasto per molti il rosso che mangiava i bambini"

LUGANO – Dopo una vita passata in politica, nel corso della seduta odierna Fausto Beretta Piccoli, per tutti Gerri, lascerà. Lo interpelliamo per una chiacchierata ad ampio raggio, e troviamo il consueto ciclone, sorridente e pieno di voglia di fare, con una vena di delusione e di tristezza per le persone e il sistema che non sono più quelle che ama. E allora, preferisce dire basta, anche se in futuro…

Come mai la scelta di lasciare?
“Non avevo più incentivi, non facevo più le cose con divertimento: ritengo che anche nelle questioni serie esso ci deve essere, e non c’era più, come gli stimoli”.

Mancano gli stimoli perché sono passati molti anni o perché è cambiata la politica?
“Un po’ con gli anni, però certamente è diversa… Lo dirò nel discorso, tutti i Consiglieri comunali presenti parlavano di Robin Hood e Zorro, personaggi che combattevano per la libertà e salvavano la gente, ora questi sogni non vengono più inseguiti”.

Quali sono i sogni che inseguono ora i politici?
“Il prestigio, trovare qualcosa per mettersi apposto, far apparire il proprio nome sul giornale, e non importa se la Città va bene o la gente è felice. E poi ci stupiamo che i giovani chiedono l’assistenza! Ho provato a proporre ragazzi ad aziende, tutti mi hanno risposto che hanno già abbastanza lavoratori. Non c’è più solidarietà. Poi, una volta finita la seduta in Consiglio Comunale, per me sono tutti cittadini del mondo, invece alcuni credono di essere in aula 24 ore su 24. Voglio creare relazioni, ora si tende a creare tensione, un brutto clima. Sono un po’ deluso, e perciò è meglio che Robin Hood metta l’arco al chiodo e non vada più nel bosco. Malgrado tutto, nonostante siamo all’opposto, ricordo che con Giudici c’era un dialogo. Se conto i minuti in cui ho parlato con lui e con Borradori, beh, con Marco sono dei lampi, con l’altro no. La disponibilità dei Municipali diminuisce, capisco che hanno tanto lavoro ma il tempo si trova, io l’ho sempre trovato”.

Ma così non lascia campo libero a chi non le piace? Chi farà Robin Hood?
“Da solo cosa fai? Non trovo altre persone, abbastanza, almeno 4-5, invece… Coi Verdi, a parte Schönenberger, siamo all’opposto. Per me è importante sviluppare qualcosa di sociale. I Verdi non hanno capito che per avere una città ecologica il primo albero da curare è l’essere umano. Sono stanco anche perché forse il mio linguaggio non passa più, mi è successo anche con dei giovani, mentre faccio l’assistente sociale: mi dicono che mi capiscono ma che il mio modo di parlare è passato. Farò altro..”

Ecco, cosa farà ora Gerri?
“Mi occuperò di più della società dei sordi, visto che la lingua dei segni è la mia lingua madre. Farò il mio discorso anche in lingua dei segni, quello che non ha fatto il signor Cassis a Bellinzona, per segnare ancora una volta che qualsiasi minoranza in democrazia non va dimenticata. Lavorerò con loro e con Fra Martino, lui lavora col sorriso, e chi va da lui va a casa sorridendo, senza nessuno che rinfaccia nulla. Sto facendo crescere la barba per fare San Nicolao. Invece di fare la politica in aula la farò da essere umano, senza dire che ho fatto qualcosa per farmi votare: non l’ho mai fatto, pensi che l’unico Consiglio di cui ho fatto parte è quello dell’EOC, rappresentando il personale, per 400 franchi l’anno. Sono triste, però il mio sorriso resta, la voglia di fare c’è, e ho tante cose da fare. Ho una nipotina in Sud America che vede il nonno solo via Skype, non è abbastanza”.

Adesso è deluso, però nella sua storia politica ci sono stati momenti belli. Quali racconterà alla sua nipotina?
“Quando ho proposto per la prima volta di abbassare i marciapiedi, visto che davanti alla Migros lo scalino era alto e in svizzera Interna li abbassavano, mi dissero che non era possibile, mentre dopo anni hanno cominciato a farlo. Forse perché venivo da una certa area non mi hanno mai preso sul serio. Penso all’educatore di prossimità, o di strada, quando volli introdurli mi dissero no, ritenendomi il comunista che mangia i bambini. Mi è rimasta addosso questa etichetta, che non mi dispiace, ma purtroppo venivo visto come un filosovietico, cosa che non sono mai stato”.

Dunque, la sua vittoria più grande qual è stata?
“Quella, l’introduzione dell’educatore di strada. Poi, quando volevo diventare coordinatore del Verdi mi dissero di no, non mi credettero perché avevo il pensiero rosso secondo loro e non verde. Quelli che sono in Gran Consiglio, oggi, a parte Michela Delcò Petralli, non sono verdi, sono lì a fare qualcosa, e a me il signore con la testa pelata (Savoia, ndr) non pareva la persona giusta”.

Rimpianti, per contro?
“Mi dispiace una cosa, non aver mai fatto il presidente del Gran Consiglio o del Consiglio Comunale. Mi ero proposto in Gran Consiglio, poi per delle pressioni ritirai la candidatura. Forse ce l’avrei fatta, malgrado tutto avevo stabilito un rapporto dalla destra alla sinistra, i miei voti li prendevo da tutti, magari perché non porto odio verso nessuno”.

È un addio definitivo o se qualcuno la richiamasse, fra qualche tempo, lascia una porta aperta?
“Vediamo. Se mi propongono di andare al Nazionale… Ma devo essere sicuro, così vado a Berna a occuparmi degli orsi e dei tossici sotto il Palazzo Federale (e ride, ndr).


Paola Bernasconi
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