POLITICA
“Smartphone: a scuola no!”. Il Centro lancia l’iniziativa popolare
Un comitato interpartitico e numerosi esperti sostengono il divieto: “Non demonizziamo la tecnologia, ma proteggiamo i ragazzi da distrazioni e rischi per la salute”
TiPress / Pablo Gianinazzi

BELLINZONA – “Smartphone: a scuola no!”. È questo il titolo dell’iniziativa popolare legislativa elaborata presentata stamattina dal Centro, con il sostegno di un comitato interpartitico e di rappresentanti della società civile. Obiettivo: vietare agli allievi di scuole dell’infanzia, elementari e medie di portare con sé dispositivi connessi o connettibili durante le ore scolastiche, introducendo una norma chiara e vincolante nella Legge cantonale sulla scuola.

Il presidente cantonale del Centro, Fiorenzo Dadò, ha ricordato che non si tratta di “demonizzare la tecnologia, ma di valorizzarla”: gli strumenti digitali hanno un ruolo importante se usati in classe sotto la guida degli insegnanti, “ma diventano un ostacolo se lasciati senza controllo nelle mani dei ragazzi”.

Giorgio Fonio, vicepresidente cantonale e consigliere nazionale, ha ripercorso l’iter politico iniziato nel 2018 con una mozione che aveva portato a direttive del DECS rimaste però disomogenee. “Dopo sette anni – ha detto – la scienza ha mostrato con chiarezza i danni di un uso precoce e incontrollato degli smartphone. Serve una legge che valga per tutti gli istituti scolastici”.

Dal fronte medico, il pediatra Claudio Codecà (Associazione dei Pediatri della Svizzera italiana) ha parlato di “gesto simbolico ma concreto” che chiama anche i genitori a una responsabilità più ampia, mentre l’infettivologo Christian Garzoni ha definito l’iniziativa “necessaria e urgente” per evitare conseguenze che medici e psicologi già constatano oggi: disturbi del sonno, ansia, difficoltà di socializzazione e rischio di dipendenze digitali.

Dal mondo della scuola, il docente Gianluca D’Ettorre ha spiegato che il telefonino “frammenta l’attenzione e ostacola la memorizzazione”, mentre l’ex deputata Maristella Polli ha sottolineato come “i ragazzi debbano tornare a giocare liberamente con i compagni, non in solitudine davanti a uno schermo”.

Messaggi analoghi sono arrivati dalla deputata PLR Simona Genini (“senza attenzione non c’è istruzione, e senza istruzione non c’è libertà né cittadinanza”), dall’economista Amalia Mirante (“oggi la risorsa più scarsa è l’attenzione, la scuola non può competere con TikTok”) e dal deputato UDC Paolo Pamini: “La tecnologia deve restare un sostegno alla vita reale, non un sostituto che impoverisce l’esperienza umana”.

Il Comitato promotore conta esponenti di Centro, PLR, PS, Lega, UDC, Avanti con Ticino&Lavoro e società civile, segno della trasversalità del tema. L’iniziativa propone di inserire nella legge scolastica l’articolo 56a, che vieta agli allievi di portare a scuola smartphone e dispositivi connessi, demandando al Consiglio di Stato il compito di stabilire modalità e sanzioni.

La parola passerà ora ai cittadini: toccherà a loro decidere se fare della scuola un luogo finalmente libero dalle distrazioni digitali, per restituire centralità a concentrazione, socializzazione e crescita equilibrata.

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