Il Consigliere agli Stati UDC: "Affidare all’estero attività sensibili significa minare la fiducia dei cittadini nei servizi pubblici"
BERNA – Le imprese di proprietà della Confederazione non devono poter trasferire posti di lavoro all’estero. È questo il senso della mozione presentata al Consiglio agli Stati UDC, Marco Chiesa, dal titolo eloquente: “No alla delocalizzazione da parte delle aziende di proprietà della Confederazione”.
La proposta chiede al Consiglio federale di modificare le basi legali affinché le aziende con partecipazione maggioritaria pubblica – come Posta Svizzera, Swisscom o le FFS – siano vincolate a mantenere in Svizzera i propri impieghi. Secondo Chiesa, si tratta di "una misura necessaria per difendere la piazza economica nazionale e la responsabilità sociale di queste società, che beneficiano di capitale pubblico, credibilità istituzionale e accesso privilegiato a infrastrutture strategiche".
A spingere Chiesa a intervenire è soprattutto la recente decisione della Posta Svizzera, che ha annunciato la creazione entro il 2030 di 200 nuovi posti di lavoro IT in Portogallo, a scapito di un numero equivalente di impieghi in Svizzera. Il centro tecnologico di Lisbona, già aperto nel 2022 e destinato a raggiungere i 260 collaboratori, rappresenta "un esempio di “delocalizzazione netta di competenze, giustificata dalla Posta con la difficoltà di reclutare personale qualificato in patria".
Una scelta, denuncia Chiesa, che non solo erode le competenze digitali interne, ma apre anche interrogativi sulla sicurezza nazionale: “Affidare all’estero attività sensibili come il voto elettronico o la protezione del segreto epistolare significa minare la fiducia dei cittadini nei servizi pubblici e nella capacità dello Stato di garantire la propria sovranità digitale”.
Secondo l’esponente UDC, l’obiettivo delle aziende federali deve restare quello di assicurare “servizi di qualità, affidabilità e sicurezza”. L’esternalizzazione di funzioni strategiche – nel settore IT come in altri ambiti – rischia invece di indebolire la resilienza del Paese. “L’autonomia imprenditoriale non può essere un alibi per sottrarsi alle responsabilità pubbliche – sottolinea Chiesa –. Le imprese federali devono essere un motore per la qualificazione della manodopera nazionale, non promotrici della sua sostituzione tramite outsourcing”.