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01.10.2015 - 12:000
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

Pronzini, «nella pianificazione ospedialiera Beltraminelli superficiale, ma il Consiglio di Stato lo ha assecondato»

Matteo Pronzini, protagonista domani di un dibattito con Marina Carobbio, parla dei problemi della nuova pianificazione. «Attenzione alla riduzione delle prestazioni sanitarie, soprattutto nelle Valli, e alla privatizzazione»

BELLINZONA - Questa sera nella sala del consiglio comunale della capitale si terrà un dibattito organizzato dal MPS: opposto a Marina Carobbio, medico e consigliere nazionale vi sarà Matteo Pronzini, membro della commissione pianificazione ospedaliera, dal titolo "L’ospedale di Bellinzona verso il declino?" È stata l'occasione per parlare con Pronzini della pianificazione ospedaliera e dei rischi connessi. «Essa è stata fatta senza tenere in considerazione le esigenze sanitarie del cantone, ma con l'obiettivo da parte del Consiglio di Stato di contribuire al pareggio dei bilanci, e quindi con lo scopo di ridurre le prestazioni ospedaliere. Alla base della pianificazione c'è anche la volontà dell'Ente Ospedaliero da una parte di centralizzare e dall'altra di privatizzare la sanità pubblica in Ticino».Cosa pensa dell'atteggiamento del Consiglio di Stato in merito?«La pianificazione è stata caratterizzata da un modo di fare estremamente superficiale e improvvisato dal punto di vista sanitario: il Consiglio di Stato dice che ci sono 250 letti di troppo, quando tutti lo hanno smentito, sia dal settore pubblico che privato. Si può capire che Beltraminelli col suo atteggiamento un po'superficiale abbia fatto questa pianificazione, quello che preoccupa è che il resto del Consiglio di Stato lo abbia assecondato».Parlava di volontà di ridurre le prestazioni ospedaliere, ci spiega meglio?«Nelle Valli soprattutto di Blenio e di Faido, non si vuole più permettere alla popolazione di avere a disposizione le prestazioni a cui sono abituati e di cui beneficia il resto del cantone. Acquarossa e Faido non avranno più il pronto soccorso, e neppure un reparto di medicina, Acquarossa dal canto suo perderà anche la riabilitazione, con un taglio dunque all'offerta. C'è poi l'attacco a Bellinzona: se si concretizza la proposta del Consiglio di Stato l'Ospedale Regionale passerà da 150 a 80 posti, e se dovesse venir costruito il centro a Sorengo con la Genolier Madre-Donna-Bambino, verrebbe meno uno dei due aspetti caratterizzanti della struttura (l'altro è oncologia)».Si discute molto di privatizzazione della sanità.«Un aspetto molto grave. Ci sono due progetti in corso: la costruzione di un ospedale unico a Locarno, in forma di società anonima, con un 50% a La Carità e un 50% alla Clinica Santa Chiara, e il centro Madre-Donna-Bambino a Lugano, gestito da un'altra società anonima. Se si desse la possibilità di costituire delle società anonime nella sanità pubblica, anche il Cardiocentro, che nel 2015 dovrebbe ritornare all'Ente, non lo farebbe, modificando i rapporti di forza col Civico. Gli ospedali non avrebbero più una strategia unitaria ma verrebbero trasformati in società anonime, aziende private che agiscono secondo logiche di mercato. Cosa vuol dire lo abbiamo visto col caso Sant'Anna. Non scordiamo che il gruppo immobiliare Genolier ha immobili e sanità come interessi, ed anche agganci politici importanti».Cosa si deve fare per la sanità oggi secondo lei?«Abbiamo lanciato come MPS un'iniziativa che è in discussione nella commissione della pianificazione e chiede tre cose: mantenere gli ospedali pubblici e garantire ad essi le prestazioni base (chirurgia, ostetricia, ginecologia, chirurgia, medicina interna), un mantenimento e un potenziamento dei pronto soccorsi agli ospedali regionali, e infine che l'ente tramite i suoi ospedali costituisca dei poliambulatori. Si deve permettere ai pazienti di avere accesso a delle strutture poliambulatoriali capaci di rispondere ai loro bisogni. Devono però essere pubblici, perché il rischio è che il settore privato, dato che vi è un esigenza da parte della popolazione, per puro guadagno, intervenga in questa che è la branca più redditizia».
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