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29.01.2016 - 11:120
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

Il sindacato tende una mano alla RSI. «Non strumentalizzate la situazione, non c'è nessun caos»

L'SSM testimonia di una situazione tranquilla a Comano e Besso e invita a non «alimentare guerre per delegittimare la RSI»

LUGANO - Il Sindacato Svizzero dei Mass Media, che aveva accusato pesantemente la RSI in merito al comportamento tenuto verso le persone licenziate, ora tende una mano alla televisione di Comano. Basta parlare di caos, soprattutto se la definizione viene dettata da competizioni editoriali. In una nota, viene sottolineato come Maurizio Canetta, direttore della RSI, abbia fatto ammenda sui metodi utilizzati verso i licenziati, motivo che spinge il sindacato a dire che il dialogo fra le parti è ancora possibile. Per questo, nei prossimi giorni verranno proposte alla direzione altre misure di risparmio per cercare di limitare il numero di posti di lavoro da sopprimere. I media parlano di caos e situazione tesa all'interno della RSI, e l'SSM ci tiene a far notare che non è così. «Con la consapevolezza che ci viene dal nostro lavoro quotidiano alla RSI ci distanziamo in modo categorico da ogni possibile strumentalizzazione di questa pur annosa vicenda. La cattiva luce con la quale spesso viene dipinta l’azienda ci sembra molto influenzata dalla competizione e dalla lotta in corso tra i diversi gruppi editoriali in Ticino. Una competizione in sé legittima e persino salutare, ma che finisce talvolta per condizionare titoli, cifre e fatti sulla RSI, ingigantendo i problemi e leggendo in modo interessato i dati sugli indici d’ascolto e il gradimento del pubblico», si legge nel comunicato. «Possiamo testimoniare che nonostante le vicende complesse, controverse e dolorose di questi giorni, tanto a Comano quanto a Besso non vi è nessun caos. Nessuno smarrimento circa i valori forti e la qualità che devono essere l’anima di ogni programma, nessuna confusione sulla missione dell’azienda nei confronti del proprio pubblico». La RSI viene lodata per mantenere, anche in un periodo storico difficile come quello attuale, indici di ascolto fra i più alti d'Europa sia per quanto concerne la tv che per quanto riguarda la radio. Si tratta di «un patrimonio di tutta la Svizzera italiana. Una agenzia culturale di grande valore il cui destino deve essere una preoccupazione di tutti. Al pari, naturalmente, della preoccupazione per il destino della stampa, delle radio e delle televisioni private, che mantengono vivo il dibattito pluralista e libero del Paese». Il sindacato sottolinea come le discussioni sul finanziamento del servizio pubblico sono in atto, ma chiede che la concorrenza non sia un pretesto «per alimentare una guerra talora appena mascherata il cui scopo evidente è l’ indebolimento della RSI se non la sua delegittimazione», dove, aggiunge ancora una volta, «non vediamo nessun caos. Solo decisioni sbagliate, col loro carico di disagio per tutto il personale. Decisioni che speriamo verranno presto corrette».
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