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19.10.2020 - 17:090

Il DI dice stop alle autorizzazioni (e ai rinnovi) per i dipendenti delle agenzie di sicurezza frontalieri o in Ticino da poco: terremoto!

UNIA insorge: "Gobbi forte coi deboli e debole coi forti. Dicono che in Italia non fornirebbero più le informazioni necessari, ma da quel che sappiamo non è vero. A rischio ci sono decine di posti di lavoro"

BELLINZONA - Da qualche giorno, alle agenzie di sicurezza è arrivata una missiva dal Dipartimento delle Istituzioni che ha scosso la realtà: "fino a nuovo avviso non verranno rilasciate o rinnovate autorizzazioni ai sensi della Legge sulle attività private d’investigazione e sorveglianza (LAPIS) a lavoratori frontalieri o residenti in Ticino da meno di 5 anni". Si metterebbero così a rischio decine di posti di lavoro nel settore. Il sindacato Unia è scandalizzato: "Si tratta di una decisione incomprensibile e grave, che se dovesse essere confermata metterebbe a rischio decine di posti di lavoro in Ticino. Chiediamo pertanto l’immediato ritiro, anche perché le ragioni addotte non trovano conferme e fanno pensare che si tratti di un’ennesima decisione politica del capo del dipartimento Norman Gobbi", si legge in una nota.

La motivazione addotta dal DI infatti è una presunta mancanza delle Autorità italiane, che non fornirebbero "più le informazioni di polizia necessarie per stabilire se i richiedenti sono in possesso di tutti i requisiti di legge. Considerato che per le richieste di lavoratori indigeni vengono effettuati accertamenti approfonditi, l’assenza di tali informazioni riguardanti personale straniero, si traduce in una chiara disparità di trattamento e pertanto non ci consente di poter rilasciare le relative autorizzazioni", spiega infatti la missiva.

UNIA si è informata, ottendendo risposte decisamente diverse. "Non vi è stato alcun cambiamento di procedura da parte italiana. Anzi, a richiesta diretta di diversi lavoratori ai quali non è stata o non sarà rinnovata l’autorizzazione, le autorità competenti hanno segnalato di non aver ricevuto alcuna richiesta o sollecito da parte svizzera".

Dunque, "di qui il sospetto che, ancora una volta, ci troviamo di fronte ad uso strumentale della legge per scelte politiche della direzione del DI. Una problematica nota e già denunciate anche dal sindacato in un recente presidio organizzato in occasione dell’ultima seduta del Gran Consiglio. Lo zelo dimostrato dal Servizio armi (del DI, ndr) in questo dossier si scontra con l’inattività assoluta di fronte delle denunce sindacali contro aziende di sicurezza privata in palese violazione della stessa legge. Il sindacato Unia ha infatti più volte denunciato aziende per le quali l’autorizzazione avrebbe dovuto essere ritirata (ad esempio per gravi violazioni delle norme contrattuali o perché amministrate da specialisti del fallimento seriale), ma il DI non ha mai reagito. Ad imporsi è la concezione di uno Stato e di una Giustizia deboli con i forti e forti con i deboli: sempre pronti a bastonare il lavoratore, meglio se a statuto precario e che non sia parte “dei nostri”, ma clementi e protettivi con padroni e amministratori irrispettosi della legge", è l'attacco di UNIA.

Le conseguenze sarebbero gravi per il settore: "decine di lavoratori, anche con diversi anni di esperienza riconosciuta dall’azienda, perderebbero il posto. A pagarne il prezzo sarebbero sia i frontalieri, sia i residenti, sia le aziende che si vedrebbero sfumare mandati per carenza di personale formato", insiste UNIA. Che "chiede pertanto il che la decisione comunicata il 16 settembre scorso alle agenzie di sicurezza del cantone sia ritirata e che si riprenda a valutare le domande di autorizzazioni LAPIS nel rispetto della legislazione in vigore e delle procedure consolidate negli anni. E nel rispetto della dignità delle lavoratrici e dei lavoratori!".

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