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16.08.2023 - 10:370

Ruth Handler, la “mamma” di Barbie

L’imprenditrice americana, divenuta poi presidente della Mattel, trovò l’ispirazione a Lucerna davanti a una vetrina di giocattoli che attirò l’attenzione della figlia, Barbara. E proprio in suo onore battezzò la bambola più iconica del mondo  

di Brenno Martignoni Polti

Imprenditrice. Creatrice di fama mondiale. La nuovissima uscita al cinema. “Barbie”. Di Greta Gerwig, le riserva felice omaggio. Nell’efficace interpretazione di Rhea Perlman. In versione, Grande Mamma. Lì, a offrire affettuoso supporto alla protagonista. Margot Robbie. In un momento in cui, proprio lei, la sua creatura, è in piena crisi. Ruth Marianna Handler. Leggenda del mondo dei giocattoli, lo è stata davvero. Nata a Denver, nel Colorado, il 4 novembre 1916. La mamma, Ida Rubenstein. Il papà, Jacob Moskowicz. Ambedue ebrei. Immigrati polacchi. Nel 1938 sposò Elliot Handler, già suo fidanzato al liceo. Si trasferiscono a Los Angeles, dove Ruth entra alla Paramount Pictures. Due figli: Barbara, del 1941, e Kenneth, del 1944. Morirà nel 1994 di tumore cerebrale. Previa diagnosi di AIDS, nel 1990. Già nel 1938, Ruth, con il marito, aveva avviato la produzione di articoli per la casa. Per lo più, impiegando materie plastiche. Negli anni quaranta, insieme al designer industriale Harold “Matt” Matson, è il momento di inedita linea di cornici per quadri. In seguito, partendo dagli stessi materiali, è la volta di arredi più piccoli, per le bambole. L’azienda si chiama Mattel. Dalla combinazione dell’appellativo di Matson, "MATT", e delle prime due lettere del nome di Handler, "EL”. Ruth ne assume la presidenza. La trasformerà in potenza globale. Proprio grazie a Barbie. Brevetto depositato il 24 luglio 1959. Successo subito enorme. Più di trecentocinquantamila unità vendute, solo nel primo anno. Ruth Handler, in un’intervista del 1997 alla BBC, ebbe tuttavia a ricordare le molte reticenze iniziali. “Gli uomini ritenevano che le donne non avrebbero comprato una bambola con un corpo da donna, con seni, girovita e caviglie strette, una bambola dall’aspetto sexy e adulto. Gli uomini pensavano che le loro mogli non l’avrebbero voluta e che non sarebbe stato giusto per un bambino averla. Si sbagliavano. Le donne, invece, si innamorarono immediatamente di quella bambola. Le bambole non appena arrivavano sul bancone, venivano prese al volo dalle donne che le compravano per le loro figlie.” Handler fu così lungimirante. Lucida pioniera. In un tempo, in cui la società relegava la maggior parte delle donne al ruolo di casalinga. Il suo acume negli affari la rese formidabile dirigente e stratega. Ruth, tra l’altro, trovò anche ispirazione da noi, a Lucerna, durante una vacanza, nel 1956. La figlia Barbara, allora quindicenne, attirò la sua attenzione su una bambola di plastica nella vetrina di un negozio. Era una “Lilli". Fisico a clessidra. Con abiti intercambiabili. Ruth ne colse il potenziale. Nella pellicola, Perlman alias Handler confessa a Barbie di aver subito una doppia mastectomia. In effetti, a Ruth, nel 1970, fu diagnosticata neoplasia mammaria. Nell’ oggettiva difficoltà nel riuscire a trovare protesi adeguate e confacenti, decise di produrle in proprio. Insieme al socio Peyton Massey fondò la Ruthton Corp., che iniziò a commercializzarne una versione plausibile. Nearly Me. Anche qui, la diffusione ebbe ampi riscontri. Raggiungendo perfino la first lady Betty Ford. In seguito a diverse indagini, Ruth lasciò Mattel nel 1975. Nel 1978, il rinvio a giudizio, insieme ad altri tre dirigenti, per frode e falso in bilancio. Ne seguì la condanna a una multa di 57’000 dollari e allo svolgimento di 2’500 ore di servizi sociali. Dopo aver partecipato a un'attività di beneficenza scrupolosamente tabellata che lei trovava "umiliante", a Ruth Handler fu infine assegnato il compito di usare il suo know-how commerciale per dare una formazione professionale ad altri detenuti. Il programma fu considerato riuscito e nel 1982 il giudice accettò di ridurle la pena a un anno e mezzo. Ruth Handler, nel 1994, ha pubblicato la sua autobiografia. “La bambola dei sogni”. La scomparsa, a Los Angeles, all’età di 85 anni, il 27 aprile 2002, per complicazioni da neoplasma al colon. Altro libro su di lei di Robin Gerber, “Barbie e Ruth”, nel 2009. Intanto, l’idea rimane attuale. Nel 2010, escono le “Monster High”. Una linea di "gothic Barbie". Nel 2013 fruttano a Mattel più di 1,5 miliardi di dollari. E, ora, il film, Barbie (2023), che fino ai titoli di coda, muove emozioni. Senza tempo. “Noi madri stiamo ferme così le nostre figlie possono guardare indietro per vedere fino a che punto sono arrivate.” A segno. Di tutto cuore.

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