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04.02.2016 - 12:580
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

«Alioski adatto a Zeman. Chiasso, punto su Felitti e Cortelezzi. E Giulini...»

Livio Bordoli a 360° sul campionato. «Lugano è una piazza appetibile. In Challenge League guai a speculare sul Bienne". E parla anche dell'ex presidente del Bellinzona, «una brava persona»

BELLINZONA - Dopo la pausa invernale, riprende il campionato. Lugano e Chiasso ricominciano la corsa verso la salvezza. Di questo e del calcio svizzero in generale abbiamo parlato con Livio Bordoli, ex di entrambe e fino a qualche mese fa tecnico dell'Aarau.Livio Bordoli, come giudica il mercato delle due ticinesi?«Per quanto riguarda il Lugano mi hanno sorpreso le partenze di Russo, Rossini e Markaj, tre giocatori importanti per la rosa e per l'ambiente. Alioski lo conosco bene dai tempi dello Sciaffusa, è un buon giocatore, un esterno sinistro basso con molta corsa e doti offensive, adatto al gioco di Zeman dato che spinge tanto. Salvi è un portiere che ha fatto bene a Bienne, anche se credo che il titolare sarà Valentini. Non conosco invece l'attaccante Rossi, i numeri non sono impressionanti ma vuol dire tanto e poco, se l'hanno preso avranno visto qualcosa di buono in lui. Passando al Chiasso, mi aspettavo qualcosa in più, perché da agosto non vince più. Sono arrivati Pelloni come secondo a sostituire il partente Kovacic, e Mihajlovic di cui si parla bene ma che è fermo da sei mesi poiché fuori dal contingente stranieri a Bienne. Vedremo se sarà una sorpresa, io comunque punto su Cortelezzi. Sottolineerei anche il ritorno di Felitti (dopo un infortunio, ndr) che può giocare sia esterno che centrale o a metà campo, un ragazzo duttile: può essere l'acquisto in più». Non la colpisce il fatto che entrambe si siano affidate a due attaccanti pressoché sconosciuti come Rossi e Mihajlovic?«Gli attaccanti forti costano. Il Chiasso, per esempio, ha provato a prendere Rossini ma di certo non poteva garantirgli le cifre che guadagnava a Lugano, mentre l'Aarau sì. Capisco anche i dirigenti, che avranno tenuto un occhio di riguardo sul budget».Camolese ha detto che avrebbe voluto 12-13 nuovi acquisti. È un alibi se le cose dovessero andar male?«Il problema è come si sentono adesso i suoi giocatori. Per loro non è una bella cosa, possono interpretarla come una mancanza di fiducia. Bisogna far attenzione a ciò che si dice, i calciatori sono suscettibili e sono prima di tutto persone». Il Bienne è in gravi difficoltà economiche, questo influirà sulla Challenge League?«Se perdesse la prima ad Aarau sarebbe ultimo, e non vedo come potrebbe salvarsi, avendo perso diversi giocatori anche di ottimo livello, come Ferati, Pak, Kololli, Manière, tutti titolari, senza acquistare nessuno e l'ambiente ne risentirà. Hanno un buco di quasi un milione, ma le altre comunque fino a metà aprile non potranno speculare, la salvezza va conquistata sul campo». A Lugano regna un po' di incertezza societaria, con cordate che spuntano e Renzetti che un po' vuol vendere e un po' no...«La Super League svizzera è interessante per gli investitori, si può arrivare in Coppa Europa (il Lugano è ancora in corsa in Coppa Svizzera, ndr), mentre in Italia o in Francia è molto difficile, con 8-10 milioni fai una buona squadra e puoi fare anche dei benefit con la vendita dei giocatori. Lugano e la Svizzera sono dunque appetibili». A proposito di società, cosa pensa di Giulini che è ritornato a parlare?«Ho conosciuto Giulini, ribadisco ancora come lo ritengo una brava persona. È stato ingenuo. Il fallimento del Bellinzona è colpa sua perché firmava lui i contratti, ma non ha mai rubato niente. Si è affidato alle persone sbagliate, se fossero state oneste e avessero fatto il bene della società e non il proprio il Bellinzona sarebbe ancora in Challenge League almeno, con Giulini. Lui 20 milioni li ha messi e li ha persi, è entrato in un vortice da cui non poteva più uscire. Non parlo male di lui, come fanno altri. Chi ha guadagnato non dovrebbe sputare nel piatto dove ha mangiato». Infine, Lugano e Chiasso si salveranno?«Per me sì. Vaduz e Thun non sono superiori al Lugano che ha dalla sua l'entusiasmo del primo anno, un buon allenatore e buoni giocatori. Per il Chiasso la Challenge League è quasi un diritto. Deve scacciare la sindrome della vittoria e prendere fiducia, ma come effettivi è una delle rose più forte che i rossoblù hanno avuto negli ultimi anni. Mi auguro ce la facciano, è importante per il movimento calcistico e per i giovani».
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