CRONACA
Uno studio zurighese spiega che l'effetto sostituzione c'è. Ma Maggi non molla
In Ticino, solo un frontalieri su sei occupa un posto dove non si trova manodopera indigena, in Svizzera meno del 20% suppliscono a carenze. Maggi: «Gli altri hanno coperto una mancanza passata»
BELLINZONA - Uno studio che getta benzina sul fuoco. È quello pubblicato nel weekend dalla Neue Zürcher Zeitung, e effettuato dalla "Direzione dell'economia pubblica" di Zurigo, che afferma che meno del 20% delle persone immigrate sono state assunte per coprire settori dove non si può reperire manodopera svizzera. E per quanto riguarda il Ticino? Esiste il cosiddetto effetto sostituzione dei lavoratori frontalieri coi ticinesi? A quanto pare, secondo i numeri elencati, solo un lavoratore frontaliere su sei è impiegato in settori dove non è possibile trovare manodopera indigena. Dunque, esiste, in particolare nel commercio al dettaglio, nella gastronomia e nell'edilizia.Mancano in ogni caso unità provenienti dal mondo accademico, su tutti medici, ingegneri, direttori di produzione e sviluppatori informatici, cui si supplisce con gli stranieri. Nel nostro Cantone, il ricorso alla manodopera straniera riesce a coprire soltanto il 15,1% del fabbisogno di personale specialisticoE lo studio dell’Istituto di ricerche economiche (IRE) che tanto aveva fatto discutere, allora, che affermava il contrario, ovvero che non vi era sostituzione, e che aveva scatenato politici e atti parlamentari? In molti, commentando le nuove statistiche, lo ricordano. Perché ora, come affermano in molti, si è osato dire ciò che prima i numeri nascondevano. Come le ditte, per esempio, che assumono solo frontalieri. Che fare, dunque? Per ora, i politici preferiscono leggere con calma e attenzione lo studio, poi eventualmente agire.Ma, e più di uno lo sollecita, si desidera che esso arrivi anche sulla scrivania di Rico Maggi, presidente dell'IRE, che negava con decisione l'effetto sostituzione. Ticinonews lo ha intervistato, e la sua conclusione non cambia, anzi ritiene che lo studio zurighese non contraddice quello dell'istituto per cui lavora. «Lo studio mette un grande peso sulla difficolta di trovare personale e sulla durata di ricerca di un lavoro in una data professione. Ma giusto perché in queste professioni lavorano già molti stranieri e frontalieri secondo questo indicatore non c'è scarsità», interpreta infatti, concludendo che «ne segue che l’interpretazione corretta rimane che uno straniero su sette occupa un posto dove c’è ancora scarsità, mentre gli altri sei hanno contribuito nel passato a coprire questa mancanza di lavoratori qualificati».Maggi specifica poi che la realtà ticinese è diversa, e afferma che stranieri e frontalieri sono in grado di colmare lacune sul lavoro della manodopera indigena.
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