"Come tutte le cose di qualità, non sono a buon mercato, costano circa tremila franchi l’uno. In una scuola tre armadietti, in un’altra cinque e vai con le altre e il conto è subito fatto..."
Di Roberto Caruso *
Chissà per quali ragioni a certe lezioni gli studenti non usano il telefonino, lo mettono via nello zaino senza fiatare. In altre, invece, non c’è verso di fare rispettare il regolamento scolastico. Una dinamica che evidentemente non dipende dalle norme vigenti, peraltro molto chiare. Tuttavia, ironia della sorte, credo si possa trovare una buona dose di bellezza anche nel potere dire e ridire ai ragazzi di spegnere il telefonino; magari un giorno questo non sarà più possibile, nel senso che non sarà più possibile spegnerlo per poi riaccenderlo.
Il telefonino funziona o non funziona, questa è la sua possibilità, lo si può accendere e spegnere molte volte. Secondo Heidegger, essere umani significa sapere che moriremo, che i nostri giorni sono contati. Una volta spenti, fine definitiva della propria rappresentazione scenica. Probabilmente anche per questo diciamo di non rimandare a domani quello che potremmo fare oggi, perché non è detto che per noi ci sarà un domani. Fallo ora, dai, non aspettare di essere a casa, metti il telefonino in carica in tutta sicurezza, qui a scuola si può fare.
Davvero? Certamente! Ma com’è possibile? Da non molto nei corridoi di alcune scuole ticinesi sono apparsi degli appositi armadietti per permettere agli studenti di ricaricare i loro cellulari. Sono belli, made in Switzerland, di solido acciaio, ciascuno con dieci sportellini dotati di serrature elettroniche. Gli scomparti si bloccano e sbloccano tramite una qualsiasi tessera con tecnologia contactless, ogni comparto è dotato di una presa elettrica.
Qualcuno s’è pure impegnato a redigere il modo d’uso con tanto di illustrazioni fotografiche. Una mano sostiene il telefonino e l’altra si accinge a inserire la spina di alimentazione, c’è pure la frase di accompagnamento: “Inserire nell’armadietto il dispositivo elettronico con il caricatore nella presa”.
Gli armadietti per la ricarica, come tutte le cose belle e di qualità, non sono a buon mercato, costano circa tremila franchi l’uno (trasporto incluso). In una scuola tre armadietti, in un’altra cinque e vai con le altre e il conto è subito fatto: decine di migliaia di franchi.
Tralasciando i quattrini, il messaggio pare chiaro quanto paradossale: se vieni in questo istituto scolastico non puoi usare il telefonino, ma lo puoi ricaricare in tutta tranquillità, sicurezza e gratuità. Detto così pare uno slogan di arruolamento. L’essenziale quanto elementare differenza fra un telefonino e un essere umano sembra scomparire tra le mura scolastiche, anche a lui non deve mancare l’energia vitale.
Il cellulare proverà l’angoscia, quella di scaricarsi per poi spegnersi definitivamente, che ci spinge ad avere una coscienza e una esistenza propriamente umana? Chissà, forse un giorno rimarrà solo il miracolo della resurrezione di Lazzaro a ricordarci l’uguaglianza che per poco tempo ci fu tra un essere vivente e un telefonino. Lazzaro di Betania, silenzioso testimone dei segreti della morte, è stato acceso e spento e poi nuovamente riacceso e verosimilmente (ri)spento definitivamente.
Come mai si cade in simili paradossi? Probabilmente i pensieri da cui derivano le norme non sempre sono ancorati a principi educativi fatti realmente propri. Chi comprende e accetta tali principi, li fa diventare parte integrante del modo di pensare e agire, difficilmente corre il rischio di incorrere in siffatte contraddizioni.
* docente