TRIBUNA LIBERA
Giuseppe Cotti: "Né tra i vincitori né tra i sorpresi. Ma ora è il momento della maturità"
"I veti incrociati che già emergono da destra a sinistra non sono un buon segnale. La spesa pubblica non può essere un tabù. E non lo può essere nemmeno la fiscalità"
TIPRESS

di Giuseppe Cotti *

La votazione di ieri non mi annovera tra i vincitori, ma nemmeno tra i sorpresi. E neppure tra gli arrabbiati: beneficerò peraltro anch’io di un sussidio, pur rimanendo convinto di non averne diritto, o comunque meno rispetto a tanti altri. Onore dunque ai vincitori.

Ora, però, è tempo di rimboccarsi le maniche. I veti incrociati che già emergono da destra a sinistra non sono un buon segnale. La spesa pubblica non può essere un tabù. Non lo può essere per la scuola, per i servizi, per il sociale. E non lo può essere nemmeno la fiscalità: un ambito complesso, con molte sfaccettature e diramazioni, che richiede serietà ed equilibrio, evitando soluzioni semplicistiche e tenendo presente che il tessuto economico del Cantone va tutelato.

Al di là di questo quadro generale, trovo comunque poco serio — da parte di quasi tutti, vincitori e vinti — il gioco immediato a chi mette le mani avanti per primo.

Per dodici anni sono stato municipale responsabile delle scuole di Locarno: difendo con convinzione l’educazione con la E maiuscola. Posso però assicurare che anche nella scuola esistono ancora ampi margini per la ricerca di efficienza. Regole più snelle e meno burocrazia renderebbero il sistema più flessibile e meno oneroso, senza perdere qualità. Lo stesso discorso vale, ad esempio, per i nidi dell’infanzia: alcune norme troppo rigide fanno lievitare i costi di gestione e di investimento, con un peso diretto sulle strutture e sui sussidi cantonali.

Lo stesso approccio dovrà valere anche per la sicurezza, il territorio e l’ambiente e, a scanso di equivoci, anche per la pianificazione ospedaliera – che, è tuttavia bene ricordarlo, è stata approvata appena un anno fa con il consenso di tutte le forze politiche di governo.

Il punto vero è comunque un altro: tutti, e in particolare i partiti di governo (compreso chi aspira a governare), devono compiere non uno ma due passi indietro. E su questo Fiorenzo Dado ha ragione: non sarà un Parlamento di milizia a inventare ricette miracolose. In dodici anni di Municipio a Locarno ho imparato che il «lavoro sporco» spetta all’Esecutivo. È in Governo che risiede la visione complessiva e professionale della macchina dello Stato. È lì che si devono elaborare proposte equilibrate, in cui spesa pubblica e fiscalità siano mantenute in una giusta tensione – perché anche un minimo errore rischia di compromettere la competitività del Cantone.

È un lavoro difficile, che non invidio ma rispetto profondamente. Un lavoro che oggi più che mai va portato avanti. E se al Consiglio di Stato chiediamo di assumersi questa responsabilità, al Parlamento spetterà poi il compito di essere coerente e responsabile nelle decisioni – evitando di disfare la tela che gli verrà consegnata dal Governo.

La democrazia svizzera è bella anche perché è una grande dispensatrice di sconfitte. Tutti, presto o tardi, perdiamo una votazione nella quale credevamo. È un’esperienza che ci fa da maestra, come cittadini e come politici, preparandoci anche ai duri mesi che ci attendono in Ticino.

Il punto è che adesso tutti noi – partiti, partner sociali, Comuni, mondo economico, nessuno escluso – dovremo essere pronti a lasciare qualcosa sul campo. Solo così, in un esercizio condiviso di maturità, potremo tutelare lo Stato e garantire un futuro alle prossime generazioni.

* deputato in Gran Consiglio per il Centro

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