TRIBUNA LIBERA
Roberto Caruso: “Casse allievi, un tesoro senza mappa”
"Oltre dieci milioni 'parcheggiati': fondi delle famiglie rimasti inutilizzati per anni, tra regole frammentate e un Cantone in ritardo"
TiPress / Benedetto Galli

di Roberto Caruso *

Nelle casse allievi delle scuole ticinesi non scorrono spiccioli. Quanti milioni sono oggi parcheggiati nelle scuole ticinesi? Alla luce dei saldi noti, non è irragionevole ipotizzare una cifra complessiva superiore ai dieci milioni di franchi. Come riportato da laRegione (15.12.2025), in un istituto professionale, a fine anno scolastico 2023/24, erano presenti oltre 480mila franchi; in un altro si superavano i 500mila, mentre un terzo centro ne contava circa 50mila. Tre conti soltanto, e già si oltrepassa il milione di franchi. Cifre che interrogano il sistema nel suo insieme e il modo in cui il livello cantonale esercita il proprio ruolo di vigilanza.

In un Cantone con oltre 140 scuole comunali e una sessantina di istituti cantonali sorprende che non esista un dato complessivo sugli importi depositati nelle casse allievi. Non si tratta di una curiosità contabile, ma di una questione di trasparenza. La stima resta tale proprio perché manca ancora un inventario cantonale completo e aggiornato, un’assenza che rende difficile avere un quadro chiaro e condiviso della situazione.

Nel tempo, ogni scuola ha gestito la propria cassa allievi secondo prassi autonome, spesso definite anni fa e mai armonizzate. In assenza di un monitoraggio sistematico a livello cantonale, gli importi hanno potuto crescere senza una visione d’insieme capace di seguirne l’evoluzione. La gestione è rimasta affidata ai singoli istituti, senza un quadro condiviso che permettesse di valutare l’adeguatezza degli accantonamenti e il loro utilizzo.

Nelle scuole, tuttavia, l’esistenza di queste casse non è un segreto. Ogni anno, nei plenum, i conti vengono presentati e discussi, talvolta non senza astenuti e voti contrari. Proprio perché le cifre sono note e dibattute a livello di istituto, colpisce l’assenza, a livello cantonale, di una visione complessiva su fondi privati. Fondi raccolti con rigore, anche tramite richiami puntuali ai ritardatari.

In questo contesto frammentato, l’accumulo degli averi è diventato nel tempo un fatto quasi automatico, più facile da tollerare che da correggere. Una situazione che il governo stesso ha finito per riconoscere. Nella risoluzione del luglio 2024, il Consiglio di Stato ammette che gli averi presenti nelle casse allievi sono “cospicui” e che una parte consistente proviene da studenti che non frequentano più gli istituti.

È un’affermazione che pesa: significa che risorse versate per sostenere attività scolastiche sono rimaste inutilizzate per anni, senza che fosse stabilito con chiarezza quando e come impiegarle. “Cospicuo” è un termine relativo. Basti pensare che, mentre Mister Prezzi invita a ridurre gli oneri a carico delle famiglie, nelle casse allievi si sono accumulati per anni importi rilevanti.

Le nuove direttive del Decs introducono finalmente elementi che avrebbero dovuto esistere da tempo: contabilità separate, rendicontazione obbligatoria, verifiche regolari e un piano per ridurre gradualmente gli importi accumulati. Si tratta di un passo necessario. Resta tuttavia un interrogativo di metodo istituzionale, che riguarda il funzionamento stesso della vigilanza cantonale: perché strumenti così elementari di controllo e coordinamento sono stati introdotti solo ora, nonostante per anni nelle casse allievi si accumulassero somme di questa portata?

“Smaltire” gli averi in dieci anni non è soltanto un’espressione tecnica. Rivela quanto ingente sia l’ammontare complessivo e per quanto tempo il sistema abbia tollerato che tali risorse restassero inattive. La soluzione proposta consente di risolvere un problema contabile, ma non esaurisce quello dell’equità. Resta aperta la domanda se sia corretto che fondi versati da famiglie e studenti che hanno concluso da tempo il proprio percorso scolastico vengano utilizzati a beneficio di altri.

Il punto delicato è che questi non sono fondi pubblici indistinti. Provengono dalle famiglie, dai Comuni e dalle associazioni professionali; sono contributi destinati a sostenere attività educative concrete. È legittimo che le scuole li gestiscano, ma solo all’interno di regole chiare, criteri omogenei e un livello di trasparenza tale da permettere a tutti di conoscere lo stato delle casse. Oggi, invece, il totale cantonale resta una stima e, in alcune sedi, la documentazione disponibile non garantisce una tracciabilità completa delle operazioni.

Senza dati centralizzati e senza un monitoraggio uniforme diventa difficile garantire un utilizzo tempestivo e appropriato di risorse che non appartengono all’ente che le amministra. Quando per anni si accumulano fondi privati di questa entità senza una visione d’insieme, la questione non è più soltanto amministrativa.

La vera domanda, allora, non è solo come smaltire questi fondi, ma se il livello cantonale abbia esercitato con sufficiente continuità il proprio ruolo di indirizzo e vigilanza su risorse che non gli appartengono.

* Docente

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