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26.04.2020 - 14:300

Se un metro basta... Pareri sulla scuola, tra chi rinvia a settembre e chi chiede la frequenza non obbligatoria

Manuele Bertoli ha detto che una distanza minore tra ragazzi sarebbe sufficiente. Il sindaco di Lugano lancia la sua contropoprosta. Fra i politici, c'è chi prevederebbe finestre di scuola in presenza solamente per chi deve cambiare ordine di scuola

BELLINZONA – Scuole aperte o scuole chiuse? Il grande dibattito del momento, fra le preoccupazioni di docenti e genitori, è questo. L’idea di riaprire l’11 maggio con una classe dimezzata, come vorrebbe proporre il DECS (che a quanto pare vorrebbe togliere gli esami orali per le maturità), non piace a tutti.

Oggi fa discutere la dichiarazione rilasciata da Manuele Bertoli al Caffè, secondo cui fra un allievo e l’altro potrebbe bastare un metro di distanza e non due, anche se “è possibile che fra tutti i cantoni il Ticino sia quello che adotterà norme di sicurezza più prudenziali. Quindi anche tra gli allievi se non vi saranno in classe precisamente due metri poco ci mancherà. In aule che possono ospitare 25 alunni ve ne saranno 8, 9, forse 11. Dipende comunque dalle singole sedi e, ripeto, dalle soluzioni che ogni direzione saprà trovare in relazione alle caratteristiche della propria sede, al numero degli allievi, al numero di docenti, all’uso delle aule grandi, delle palestre, degli spazi esterni".

Ma riprendere o no? Il sindaco di Lugano Marco Borradori a liberatv.ch ha proposto una frequenza non obbligatoria. La sua controposta parla di “per tutti gli allievi nessun obbligo di frequenza in presenza; proseguire fino a fine anno con la scuola a distanza; se ritenuto indispensabile garantire una finestra d’insegnamento in presenza agli allievi di fine ciclo, quinte elementari e quarte medie, da dividere su mezze giornate come ipotizzato dal modello attuale; un servizio di accudimento per quelle famiglie che dovendo rientrare al lavoro, non sanno a chi affidare i propri figli. Questa è una proposta concreta”. Con un pensiero rivolto all’estate, perché la tematica dei genitori che non sapranno a chi lasciare i figli ci sarà anche in quei tre mesi, se verranno annullati i vari corsi estivi.

Un problema, quello dell’accudimento, che solleva anche Maristella Polli sul Mattino. La Presidente Commissione formazione e cultura del GC vede due soluzioni: o l’idea del DECS oppure il far riprendere la scuola in presenza solo le quinte elementari, in vista del passaggio alle medie, così come per la seconda e la quarta media (per i livelli e il passaggio al dopo scuola obbligatoria). 

Leila Guscio boccia la riapertura del post obbligatorio solo per gli esami, “un’idea bislacca. Sarebbe stato meglio prevedere una sola riapertura in settembre, accompagnata da momenti di recupero durante l’anno scolastico”.

I vantaggi (impossibile imparare davvero qualcosa nelle condizioni imposte dalle norme di protezione) sarebbero minori degli svantaggi per Edo Pellegrini di UDF/UDC, dunque “meglio aspettare settembre quando conosceremo meglio questo virus, quando l’insegnamento potrà essere adeguatamente organizzato ecc. Come conciliare il ritorno al lavoro dei genitori con le scuole chiuse? I bimbi che non possono essere accuditi dai genitori, dagli zii, da fratelli e sorelle maggiori, da conoscenti, potrebbero esserlo da parte di insegnanti o altre persone volontarie a scuola; non credo che i casi sarebbero così numerosi da creare un grosso problema”.
Anche per Giuseppe Cotti, Capodicastero educazione, Locarno (PPD), meglio aspettare settembre, pur con una finestra per chi cambierà ordine scolastico.

Rinvierebbe il tutto a settembre anche il sindaco di Massagno Giovanni Bruschetti, ed è dubbioso anche Edoardo Cappelletti. “Qualora l’ipotesi (riapertura, ndr) dovesse concretizzarsi, s’impone tuttavia la massima tutela dei docenti, degli allievi e dei famigliari, direzione verso la quale sembra che il DECS si stia giustamente muovendo (mettendo ad esempio a disposizione delle sedi mascherine e disinfettanti). Per questo motivo, alle persone più esposte occorrerà perciò garantire assolutamente la possibilità di continuare a lavorare o studiare anche da casa”.

Più possibilista il leghista Stefano Tonini. “Per la scuola media si potrebbe pensare all'accudimento. Così facendo, si potrebbe in parte sopperire alle difficoltà che i genitori incontrerebbero nel caso in cui dovessero tornare a lavorare. Gli allievi, quindi, svolgerebbero a scuola e con la sorveglianza dei docenti le schede pensate per l'insegnamento a distanza, mentre coloro che avranno la possibilità di rimanere nelle proprie abitazioni, continueranno a lavorare sulla piattaforma online come hanno fatto sinora. In tal modo si avrebbe una maggiore garanzia di avere classi poco numerose e le distanze sociali sarebbero rispettate con più agio”, spiega. “Per quel che concerne, invece, la scuola dell'infanzia o le scuole elementari, in cui il numero di allievi e docenti è decisamente ridotto, si potrebbe pensare di dividere una classe a metà e proporre lezioni mattutine e pomeridiane, garantendo quindi un insegnamento paritario ed equo nelle classi. Questa mi sembrerebbe una soluzione realisticamente applicabile”.

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