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12.04.2021 - 14:360

Furbetti beccati! C'è chi abusa degli aiuti Covid: 50 incarti aperti e più di 30 segnalazioni nell'ambito del lavoro ridotto

Le persone indagate sono più di novanta (di cui 13 toccate dalla misura della carcerazione preventiva). Per quanto riguarda il lavoro ridotto, sono diverse le aziende che avrebbero fornito cifre non veritiere circa le ore di lavoro perse per la crisi

BELLINZONA - Oltre 50 incarti aperti da Ministero pubblico e Polizia cantonale per presunti illeciti legati alla concessione dei crediti COVID (per un totale di circa 10 milioni di franchi erogati) e più di trenta segnalazioni per possibili abusi nell’ambito delle indennità per il lavoro ridotto. Sono alcune delle cifre legate a fenomeni sviluppatisi all’ombra della pandemia che confermano la capacità della criminalità economica e finanziaria di adattarsi rapidamente ed in maniera versatile a nuovi scenari.

Gli analisti concordano da tempo sul fatto che in Svizzera i reati economici e finanziari noti alle autorità di perseguimento penale (Ministero pubblico e Polizia) rappresentino solo una parte
di quelli realmente commessi poiché non denunciati. Da qui una consapevolezza accresciuta che negli anni, a più livelli, ha permesso di sviluppare strategie nel contesto del quadro legislativo vigente e di stringere le maglie della rete. Da tempo infatti le autorità penali e le varie unità dell’Amministrazione si sforzano di perfezionare le procedure di lavoro, di monitoraggio e di segnalazione dei fenomeni criminali o potenzialmente tali. Molto è tuttavia ancora possibile fare – in termini anche di presa di coscienza da parte della società – per arginare una piaga che tende a riorientare rapidamente i propri meccanismi, adattandosi a un contesto sociale e tecnologico in continua evoluzione e cagionando importanti danni diretti o indiretti alle istituzioni pubbliche e alla collettività.

Emblematico in tal senso è quanto avvenuto con gli illeciti finanziari legati alla concessione dei crediti COVID messi a disposizione per sostenere le attività economiche. Tra il 26 marzo e il 31 luglio 2020 le aziende elvetiche hanno infatti potuto beneficiare di crediti garantiti dalla Confederazione. Per molte imprese confrontate con seri problemi di liquidità si è trattato di una indubbia boccata di ossigeno, non sono mancati tuttavia comportamenti abusivi da parte di chi ha tentato di approfittare della situazione per commettere illeciti sia in fase di ottenimento sia in fase di utilizzo dei crediti.

Numeri sotto la lente

Dati alla mano, come evidenziato nel corso della conferenza stampa odierna dal Procuratore generale sostituto (Sezione reati economico finanziari) Andrea Maria Balerna, fino ad oggi il Ministero pubblico ha aperto oltre 50 incarti.

La maggior parte delle denunce è giunta dalle banche stesse tramite l’Ufficio di comunicazione in materia di riciclaggio di denaro (MROS). Gli importi erogati spaziano da poche migliaia ad oltre un milione e mezzo di franchi. Il totale della massa dei crediti oggetto di accertamenti si aggira intorno ai 10 milioni di franchi. Gli importi sin qui sequestrati o già restituiti agli istituti
di credito ammontano a circa il 30% del totale.

Sempre guardando alle cifre, le persone indagate sono più di novanta (di cui 13 toccate dalla misura della carcerazione preventiva).

Sotto la lente delle autorità – ha spiegato ancora il magistrato – sono finite diverse tipologie di possibili infrazioni: si va dalle indicazioni false nella richiesta di credito all’utilizzo degli importi
ricevuti per finalità estranee agli scopi delle misure di sostegno. Una seconda fattispecie che sta emergendo in maniera preoccupante sullo sfondo della pandemia è quella degli abusi alle indennità per lavoro ridotto perpetrati da aziende che avrebbero fornito cifre non veritiere circa le ore di lavoro perse a seguito della crisi pandemica. Numerosi i casi oggetto di accertamenti da parte delle autorità amministrative preposte e oltre trenta le segnalazioni sin qui giunte al Ministero pubblico. Alcune di queste ultime hanno già condotto a importanti operazioni svolte dalla Polizia cantonale in collaborazione con gli uffici federali e cantonali competenti.

Stringere le maglie della rete

Quanto verificatosi nel corso dell’ultimo anno all’ombra della pandemia – ha evidenziato il capo della Polizia giudiziaria, maggiore Thomas Ferrari – dimostra l’importanza di una costante ricerca in seno ai vari livelli dell’Amministrazione pubblica di strategie preventive volte a contenere il danno, sviluppando il senso critico e i meccanismi di riconoscimento delle potenziali situazioni di abuso. Un lavoro che deve andare di pari passo con la percezione del fenomeno da parte della cittadinanza.

Alla criminalità economico finanziaria non è infatti ancora riconosciuto dall’opinione pubblica il suo effettivo grado di pericolosità sociale, dal momento che essa non va ancora ad intaccare in maniera significativa il buon livello di sicurezza percepito e non compromette ancora la capacità dello Stato di erogare servizi e prestazioni di qualità. Un intervento a tutti i livelli prima che ciò accada è tuttavia imprescindibile. I benefici di una strategia congiunta e strutturata su più linee di difesa (società civile, autorità amministrative e di perseguimento penale) contro gli illeciti economici sono molteplici: oltre a permettere di perseguire un numero maggiore di casi e di ridurre gli abusi a danno dell’ente pubblico, vi è anche un effetto deterrente nei confronti di chi cerca di sfruttare in maniera abusiva i diritti materiali e procedurali previsti dal nostro ordinamento. Il tutto a salvaguardia del tessuto economico sano e, in ultima analisi, del benessere di tutta la cittadinanza. 

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