CRONACA
"Quel documento del BKA non è autentico. Ammettiamo l'errore". In prima pagina, Pontiggia rettifica e chiede scusa
Molto onestamente, il direttore del Corriere del Ticino ha riconosciuto l'errore, assumendosi la piena responsabilità. "Le fonti utilizzate dal nostro giornalista, di solito affidabili, per qualche motivo lo hanno raggirato"
MUZZANO – Uno scoop praticamente di livello planetario, che, documenti del Bundeskriminalamt (BKA), rendeva noto al pubblico come esistessero, in Germania, delle direttive per far sì che si fornissero, durante l’anno elettorale, delle notizie relative agli attentati jihadisti rivedute e corrette, per mantenere basso l’allarmismo. Era la notizia bomba lanciata dal Corriere del Ticino circa una settimana fa, a firma di Stefan Müller.

Uno scoop che non ha convinto i redattori del portale GASsocial, insospettiti tra l’altro dal fatto che nessuno abbia riportato la notizia, che se vera avrebbe meritato le prime pagine di ogni quotidiano, e che addirittura lo stesso Corriere il giorno dopo non ne abbia più parlato. In un articolo, poi, il portale ha riportato le incongruenze: il logo del BKA, prima di tutto, la data, l’autore e il motivo mancanti sul documento, il fatto che di esso in Internet non ci fosse traccia, la smentita della stessa BKA.

A questo punto, il direttore del giornale, Fabio Pontiggia, aveva promesso una replica per oggi. E l’ha fatta nel modo più trasparente e clamoroso possibile, ovvero con un articolo in prima pagina, in cui riconosce che il documento non è autentico.

“Non è piacevole dover rimettere in discussione un servizio giornalistico realizzato con impegno e passione, in ore di ricerca e di lavoro non privo di qualche rischio. Ma quando, confrontati con critiche e obiezioni che si dimostrano fondate, la realtà ci dice che qualcosa è andato storto, occorre l’onestà di farlo”, esordisce.

“È quanto dobbiamo fare con il servizio pubblicato nelle pagine del Primo piano di martedì 20 giugno sulla Germania, realizzato da un nostro giornalista che, per comprensibili motivi di sicurezza, si è firmato con lo pseudonimo di Stefan Müller. Come direttore di questo giornale mi assumo la responsabilità dell’incidente di fronte ai nostri lettori e a tutela della libertà e dell’autonomia dei redattori (evitare il rischio dell’autocensura per la paura di sbagliare)”.

Poi, scrive, “la preoccupazione di «evitare di diffondere allarmismi nella popolazione cercando, nel limite del possibile, di non ingigantire i pericoli» fa parte senz’altro delle linee guida indicate nel servizio, ma non «a costo di presentare una versione dei fatti diversa dalla realtà»”. Il documento usato da Müller (ovvero, da chiunque si nasconda dietro lo pseudonimo, non è importante saperlo), non ha retto a verifiche, e il metodo si è rivelato lacunoso, ammette Pontiggia. “Il giornalista autore del servizio ha agito in totale buona fede. Le sue due distinte fonti nella polizia germanica, sempre rivelatesi affidabili in precedenza, per ragioni che ci è difficile individuare lo hanno raggirato in questo caso. Una ha preteso di confermare anche a posteriori il documento sulla base di un vantato rapporto di fiducia, ma la realtà si è poi rivelata un’altra”.

Dunque, il Corriere del Ticino riconosce l’errore.

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