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07.05.2020 - 16:160
Aggiornamento: 16:40

Suter: "Abbiamo parlato con Berset, lascerà i dati personali al ristorante solo chi vorrà"

Il vicepresidente di GastroSuisse soddisfatto dopo l'accordo "sull'impraticabilità di una regola assurda", e lancia uan frecciatina a Rossi, che aveva parlato di organizzazione fascista

BELLINZONA – Il Consiglio Federale cede di un passo: se qualcuno non vorrà fornire i propri dati per andare a mangiare al ristorante, non sarà obbligato a farlo. Le normative per una riapertura di bar e ristoranti sono senza dubbio complesse e il fatto che l’ordinanza federale non sarà resa nota prima di domani complica notevolmente il lavoro di chi può ripartire da lunedì.

Il Ticino stesso aveva segnalato varie criticità, tra cui quella più sentita era relativa alla privacy. Anche molti avventori ticinesi, da quando si sa che si dovranno lasciare nome, cognome e numero di telefono per mangiare o bere qualcosa, sembrano meno propensi a tornare in bar e ristoranti che saranno comunque diversi da quelli che hanno sempre conosciuti, ovvero niente giornali, distanziamento sociale e non più di quattro persone per tavolo. “L’aperitivo lo faccio a casa una volta a casa mia e una volta a casa di un amico”, afferma qualcuno. “Ordino una pizza e ce la dividiamo con le amiche a casa mia, oppure cucino io”, dice qualcun altro.

Ma adesso, annuncia attraverso i social Massimo Suter, qualcosa si è riusciti a ottenere. GastroSuisse ha trattato con Berset.

“Dopo un estenuante lavoro di convincimento sulla impraticabilità di una regola assurda, sono felice di comunicare che GastroSuisse ha ottenuto dopo una riunione con il consigliere federale Berset quanto segue: 

I dati personali del punto 10 del concetto di protezione sono adeguati come segue:

• Il settore della ristorazione deve (solo) consentire la registrazione dei dati di contatto.

• MA: l'ospite non è tenuto a fornire i propri dati di contatto. L'ospite può decidere volontariamente se desidera farlo”.

Dunque, chi vorrà lascerà nome e cognome, chi non vorrà no.

“Nella speranza che questa novità rafforzi la percezione che GastroSuisse lavori a favore dei propri associati, cordialmente saluto”, aggiunge Suter, pensando probabilmente, tra gli altri, a Tuto Rossi, che aveva scritto: “Mussolini diceva che il perfetto fascista deve vivere in una casa di vetro. Adesso ci riprova GastroSuisse che vuole obbligare i cittadini a fornire il nome la carta d’identità e il telefono di chi volete invitare al ristorante. Così saremo schedati anche nella vita privata. Un giorno ti trovi il poliziotto che ti chiede come mai sabato sera sei andato con il signor Rossi e la signora Bianchi a cena, che avevi già inviato 3 volte il mese scorso. Ti chiederanno se per caso non sei l’amante di uno dei due. Ti diranno che hai ordinato 2 bottiglie anche se eravate solo in tre e che quindi sei un cittadino a rischio. Mi meraviglio che sia proprio l’organizzazione degli esercenti che vuole trasformare i suoi affiliati in spioni e poliziotti”.

Niente da fare, invece, per i giornali, l'Ufficio Federale della Sanità è stato perentorio: nemmeno coi guanti sarà possibile averli, il che abbatte certamente una delle abitudini degli avventori.

In molti si chiedono anche se, in caso di non riapertura perchè a causa delle norme non conviene, nel senso che si perderebbero troppi posti a sedere e dunque non si raggiungerebbe una cifra atta alla sopravvivenza, saranno ancora garantiti gli aiuti stanziati ad hoc per il Covid. "Non è ancora accettato formalmente, ma vi è una intesa di principio ove dimostrato che la non apertura è direttamente riconducibile alla emergenza e di conseguenza alle sue misure restrittive del Covid19 si possa continuare a far capo all’ILR. Negli altri casi vi è un comunque possibilità (garantito per legge) di ILR “normale”, ha spiegato Suter. 

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