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18.08.2017 - 08:560
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

David, "21 franchi minimi all'ora. I salari medi calano, e siamo il Cantone dove la povertà aumenta di più: vedete i nessi?"

Riflessione del co-coordinatore dei Verdi dopo la sentenza legata a Neuchâtel. "E le aziende che dicono di non potersi permettere di pagare più di 3'500 franchi mensili hanno tutti frontalieri. Un salario minimo è un monito per chi vuole fare impresa"

di Ronnie David*

La sentenza del Tribunale Federale in merito  ai salari minimi ha eliminato tutti gli ostacoli all’applicazione dell’iniziativa dei Verdi “Salviamo il lavoro in Ticino”. Si tratta ora per il governo di presentare un messaggio contenente un salario orario minimo che si attesti almeno attorno ai 21 franchi orari.

L’iniziativa dei Verdi ha come scopo principale di garantire a chiunque svolga un'attività lucrativa un salario dignitoso, che non lo obblighi a chiedere aiuti per arrivare a fine mese.

Così facendo si contribuirà anche a ridurre la povertà dei lavoratori dovuta alla forte concorrenza della manodopera frontaliera e alla ricostruzione di un’imprenditorialità sana sul nostro territorio.

La prima conseguenza è piuttosto evidente, attraverso un salario minimo di 21.- franchi all’ora sarebbe decisamente meno attrattivo fare ricorso a manodopera estera, che è disposta a lavorare per stipendi inferiori ai 3'500.- franchi mensili. Si potrebbe così contrastare il fenomeno dei working poor che attualmente vanno ad ingrossare le file di chi deve completare il proprio reddito con le prestazioni sociali di fabbisogno. Un lavoro in Svizzera deve dare la possibilità a chi lo ha, di poter vivere sul territorio e contribuire così a ridistribuire il proprio reddito all’interno del nostro sistema economico.

Sorprende non poco invece l’atteggiamento di alcuni rappresentanti delle associazioni economiche che reputano normale, e anche dovuto, ricorrere agli aiuti statali per completare il proprio reddito.  Ed è proprio a causa di questo ragionamento che il Ticino è diventato l'unica regione svizzera dove il tasso di povertà è aumentato sensibilmente dal 2010, invece di diminuire. Oggi il 17,3% della popolazione residente vive in un'economia domestica con un reddito sotto la soglia di povertà, contro il 7% a livello nazionale. Siamo anche l'unica regione dove dal 2008 i salari mediani sono calati in molte sezioni economiche, invece di aumentare. Difficile non vedere un nesso fra questi due dati.

D’altro canto in Ticino si sono aperte le porte ad una industrializzazione che ha massacrato il nostro territorio, farcendolo di capannoni e soffocandoci di traffico. Ditte ed industrie che hanno beneficiato negli anni di condizioni vantaggiose a livello fiscale, e che al contempo, non si potrebbero permettere (secondo loro) di pagare salari di 3'500.-. Inutile sottolineare che  tra queste ve ne sono alcune con un tasso di lavoratori non residenti che si attesta attorno al 100% e che si lamentano di non trovare personale residente quando in realtà offrono salari vergognosamente bassi.

Una riflessione perciò si impone, a capire se questo è lo sviluppo che vogliamo continuare a portare avanti, oppure, come già chiesto dalla popolazione,  cominciare a dire basta a questa economia malata ponendo un freno alla caduta dei salari. Un salario minimo è anche un monito per chi vuole fare impresa in Ticino!

*co-coordinatore Verdi del Ticino
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