di Don Gianfranco Feliciani*
Domenica scorsa, a sorpresa e con un gesto che non ha precedenti, papa Francesco si è recato alla camera ardente allestita per l’ex presidente Giorgio Napolitano, con il quale aveva intrattenuto negli anni un rapporto di amicizia. In una nota rilasciata ai giornalisti il Papa ha spiegato così “di esprimere con la presenza e la preghiera il suo personale affetto a un grande uomo servitore della Patria”. Il Papa ha presentato le condoglianze alla moglie e ai figli di Napolitano. Poi, davanti al feretro, in segno di rispetto si è portato la mano al cuore seguito da un lungo silenzio orante. Nessun gesto religioso per rispettare la scelta della famiglia dell’ex presidente che ha voluto una commemorazione laica.
L’indomani nell’aula di Montecitorio il rito laico di Stato per l’addio al presidente emerito. Lo hanno ricordato, oltre al figlio e alla nipote, i presidenti delle Camere, alcuni altri esponenti della vita politica italiana e il cardinale Gianfranco Ravasi, al quale Napolitano era legato da sincera amicizia e da interessi culturali. Indimenticabile la sua partecipazione all’incontro di Assisi del 2012 dove si celebrava un “Cortile dei Gentili”, ossia un dialogo tra credenti e non credenti attorno al tema “Dio, questo Sconosciuto”. In quell’incontro Napolitano dialogò con Ravasi non semplicemente da uomo erudito quale era, ma anche rivelando con molta sincerità le inquietudini, le domande e la sete di infinito che si portava dentro l’anima. Per tutta la vita non aveva mai cessato di interrogarsi sulle tematiche legate alla trascendenza.
Ricorda il cardinal Ravasi: “Il presidente Napolitano accettò di intervenire dialogando con me davanti a una folla enorme e partecipe, confessando di ‘rispondere a un intimo bisogno di raccoglimento, sfuggendo alla pressione incessante di doveri e di assilli da cui si rischia di non riuscire a sollevare lo sguardo e la mente’. La sua fu una straordinaria lezione-riflessione sul rapporto tra religione e società, che ebbe persino un intimo risvolto autobiografico. Napolitano, infatti, ricostruì il momento giovanile della sua crisi religiosa, ma anche il costante permanere del suo interrogarsi sulla trascendenza, una domanda – come mi disse – alimentata anche dalle sue letture filosofiche, soprattutto di Pascal, e della Divina Commedia che teneva sulla sua scrivania”.
Nell’aula laica di Montecitorio Ravasi ha letto e dedicato all’amico Napolitano le parole del profeta biblico Daniele (12,3): “I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre”.
*arciprete di Chiasso