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07.01.2024 - 16:220

Don Feliciani: "La benedizione alle coppie omosessuali non è una legittimazione ufficiale"

L'arciprete di Chiasso: "L'unione tra un uomo e una donna non è come quella tra due uomini o due donne e non ogni amore è un matrimonio, ma tutte le genuine espressioni dell'amore vanno accolte, riconosciute e tutelate"

di Don Gianfranco Feliciani*

Un ultimo frutto di quella “conversione pastorale” che papa Francesco non si stanca di chiedere a tutta la Chiesa, è senza dubbio il recente documento vaticano “Fiducia supplicans”, il quale riconosce la possibilità di benedire le coppie risposate e omosessuali. La dichiarazione fornisce delle risposte a situazioni concrete in cui si trovano confrontati vescovi e preti, in un tempo in cui la complessità della vita pone delle sfide sempre nuove all’annuncio del Vangelo. La parola “Vangelo” significa “buona novella”, “bella notizia”, e da questo annuncio di amore e di gioia nessuno – proprio nessuno, insiste Francesco – può essere escluso. Dice Gesù: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro” (Matteo 11,28).

Apriti cielo! Le “aperture” di Francesco, curiosamente, ma fino a un certo punto, sembrano scatenare più polemiche dentro la Chiesa che fuori. C’è chi, in nome dei diritti umani, invoca un’assoluta parità fra unioni etero e unioni omosessuali e c’è chi, invocando la legge naturale e i testi della Bibbia, parla di grave disordine morale. Cosa dire? Il pericolo è quello di uno scontro fra due fondamentalismi, ugualmente fuorvianti e pericolosi: vale per una certa cultura laica, ma vale anche per una parte della Chiesa. Da una parte si sostiene che il giudizio sulla verità delle cose, soprattutto nell’ambito della sessualità, spetta solo all’individuo (relativismo etico); mentre dall’altra viene imposto un riferimento al trascendente per ogni cosa, senza distinguere tra fede e morale, tra questioni primarie e questioni di altra natura (integrismo religioso). Occorre invece riconoscere che esistono spazi di autonomia della vita sociale con leggi proprie, e che esistono norme etiche che derivano dalla fede.

È necessario superare relativismo ed integrismo allargando la convergenza sui valori universali. Alla fine è anche una questione di parole. Per tutti, credenti e non, l’unione di un uomo e di una donna, non è come l’unione di due uomini o di due donne. Tutti gli amori sono un matrimonio? Evidentemente no, ma tutte le genuine espressioni dell’amore vanno accolte, riconosciute e tutelate. Se c’è un tratto costante del pontificato di Francesco è il rispetto per la persona degli omosessuali. Tutti ricordiamo cosa disse in un’intervista: “Chi sono io per giudicare un omosessuale che cerca Dio?”.

La Chiesa non è chiamata a giudicare ogni cosa, perché non ha le risposte pronte a tutte le domande. È chiamata ad annunciare la fede in Gesù. E la morale non sta sullo stesso piano della fede. Solo il Signore può giudicare la via in cui tanti suoi figli e figlie hanno cercato l’amore. La benedizione delle coppie omosessuali non vuole essere un giudizio morale e una legittimazione ufficiale di una situazione di vita, ma intende essere ciò che la benedizione in verità è: la carezza di Dio a tutti i suoi figli. Nessuno escluso!

*arciprete di Chiasso

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