Il presidente dell'Ordine dei medici: "Non c’è più tempo per l’immobilismo. I cittadini, le famiglie, pazienti e i medici aspettano risposte concrete"
di Franco Denti *
Le due iniziative cantonali promosse dal DSS e sostenute dal Consiglio di Stato per ridurre i costi a carico dell’assicurazione malattia vanno sostenute, senza però dimenticare che il Ticino abbisogna anche di razionalizzare l’offerta sanitaria stazionaria. La cosiddetta pianificazione sanitaria degli ospedali.
In Svizzera si spendono quasi 1.000 franchi a testa ogni anno per i farmaci, contro i 600 dei Paesi vicini.
Una cifra che pesa enormemente sull’assicurazione malattia obbligatoria e, dunque, su tutti noi. Da qui nascono le due iniziative cantonali, presentate pochi giorni fa dal DSS, che puntano a ridurre in modo mirato la spesa farmaceutica. La direzione è chiara: basta incentivi blandi, serve l’obbligo di sostituire i farmaci originali con equivalenti generici o biosimilari, tranne nei casi clinicamente giustificati.
In parallelo, si chiede la riduzione automatica del prezzo dei farmaci alla scadenza del brevetto. Le due iniziative cantonali ticinesi, giustamente, cercano di rompere l’immobilismo federale. Nulla di rivoluzionario; erano già proposte di Berna sotto la guida del consigliere federale Berset, poi affossate dal Parlamento nel 2022 e 2023. Perché?
Perché disturbavano interessi troppo radicati.
Nel frattempo i premi delle casse malati continuano ad esplodere, anche in buona parte della Svizzera interna. In Ticino l’aumento dei premi di casse malati è stato del 30% circa negli ultimi 3 anni. E l’onda non si ferma: per il 2026 si attende un ulteriore significativo aumento.
A spingere al rialzo sono vari fattori: nuovi farmaci, prestazioni più costose, ospedali in difficoltà che alzano le tariffe, ma anche… le riserve delle assicurazioni, sempre più esigue. Molte casse avevano fatto ricorso a tali fondi per coprire i costi, ma oggi le riserve si sono ridotte drasticamente – passando dai 12,4 miliardi nel 2021 a poco meno di 8 miliardi a fine 2024.
Ma ridurre i costi dei medicamenti è solo una parte della soluzione. Il vero nodo è l’offerta ospedaliera: troppi ospedali, troppa frammentazione, poca efficienza. La pianificazione ospedaliera approvata dal Gran Consiglio a fine 2024 è stata un’occasione sprecata: un compromesso al ribasso. È stato un esercizio di equilibrismo politico: tutti salvi, nessuno scontento. Eppure il risultato è disastroso: ospedali piccoli, costosi, spesso sovrapposti, tolgono risorse e competenze ai centri con mandati specialistici di Lugano e Bellinzona, tutto a vantaggio degli ospedali d’oltralpe.
Se il Ticino non è capace di pianificare, c’è chi lo farà al suo posto. Gli assicuratori malattia spingono già per un trasferimento delle competenze pianificatorie alla Confederazione con pianificazioni sovra-regionali. Un altro passo verso la marginalizzazione della sanità ticinese.
Continuare con la politica del «non scontentare nessuno» porterà al peggioramento della qualità delle cure, non certo a un sistema più sostenibile.
Serve coraggio politico per ristrutturare davvero la sanità ticinese, puntando sulla competenza e sulla massa critica per continuare a fornire prestazioni di qualità. Non c’è più tempo per l’immobilismo. I cittadini, le famiglie, pazienti e i medici aspettano risposte concrete.
E le meritano!
* presidente Ordine dei medici