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11.03.2017 - 14:580
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

Un minimo di 2'800 - 3'500 franchi non sarebbe sostenibile per le aziende?

La Commissione per applicare "Salviamo il lavoro" dopo venti mesi è riuscita a stabilire una forchetta su cui ragionare. Ma per un ricercatore IRE "alcuni posti di lavoro sarebbero a rischio"

BELLINZONA - La Commissione incaricata di attuare l'iniziativa "Salviamo il lavoro in Ticino" ha terminato il suo lavoro, ma non è arrivata a un disegno di legge. Troppi i fattori in gioco: salario minimo unico oppure minimo differenziale per categoria? E si attende ancora la sentenza del Tribunale federale sul caso di Neuchâtel, fondamentale dalle basi. Quanto si è ottenuto in questi venti mesi, lo spiega Christian Vitta al Corriere del Ticino. "Si è perlomeno riusciti a trovare un consenso attorno a un quadro di riferimento che, per i minimi salariali, poggia su dei criteri sociali. Questo si traduce in soglie che vanno dai 2'500 ai 3'500 franchi mensili". Manca all'interno della forchetta un'idea unanime. Le cifre sono basate su quelle dell'assistenza sociale, di 2'872 franchi mensili, e dell'AVS, di 3'523 franchi. Ma sono cifre sostenibili? Certamente, per vivere oggi sono basse, però secondo il ricercatore dell'IRE Moreno Baruffini si potrebbe andare incontro a un "potenziale rischio in termini di posti di lavoro viste le difficoltà che potrebbero incontrare alcune aziende", in particolare "quei settori a basso valore aggiunto e i lavoratori stranieri". Il Corriere del Ticino ritiene che i posti a rischio sarebbero, a dipendenza del minimo fissato, dalle 850 alle 1450 al minimo. Non un bel quadro, per l'economia ticinese e il mondo del lavoro.
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