POLITICA
Il paradosso dello stato sociale. L'affondo di Bühler, Mazzoleni e Speziali
Con una mozione i deputati di UDC, Lega e PLR chiedono una revisione della Legge sul coordinamento delle prestazioni sociali

di Alain Bühler, Alessandro Mazzoleni, Alessandro Speziali

Il voto cantonale del 28 settembre 2025, che ha visto il Popolo ticinese approvare con larga maggioranza sia l’iniziativa socialista (“non più del 10% del reddito”) sia quella della Lega (deducibilità integrale dei premi di cassa malati), rappresenta un segnale inequivocabile. Con oltre il 57% e il 60% di consensi, i cittadini hanno espresso un chiaro malessere rispetto al peso crescente dei premi LAMal e alla pressione che questi esercitano sui bilanci familiari. Tuttavia, la questione del finanziamento resta irrisolta: il Consiglio di Stato ha già sottolineato che le iniziative entreranno in vigore solo una volta chiarito come coprire i costi aggiuntivi.

Già prima del voto del 28 settembre 2025, la spesa sociale cantonale superava il miliardo di franchi annui, collocando il Ticino tra i cantoni con la spesa sociale più elevata in rapporto alla popolazione. La differenza salariale con la Svizzera interna non basta a spiegare queste cifre. Con l’approvazione delle due iniziative sui premi di cassa malati, tale peso finanziario è destinato ad aumentare ulteriormente, aggravando una dinamica che solleva seri interrogativi di sostenibilità, di equità intergenerazionale e di capacità d’investimento.

A distanza di vent’anni dall’entrata in vigore della Legge sull’armonizzazione e il coordinamento delle prestazioni sociali (LAPS), nata nel 2005 con l’obiettivo di creare un sistema più coerente, integrato, equo e funzionale per le persone in difficoltà, è quindi legittimo e doveroso interrogarsi sulla sua efficacia, sulla sua sostenibilità e sulla coerenza con gli obiettivi originari. D’altronde, molte leggi a distanza di un ventennio dovrebbero – proprio per l’evoluzione sociale sempre più accelerata – essere riformate, anche in termini di efficacia ed efficienza.

La crescita costante della spesa non si è tradotta in una significativa riduzione della povertà né in un rafforzamento dell’autonomia economica dei beneficiari – e diversi Paesi vicini a noi lo dimostrano. Al contrario, emergono dinamiche che richiamano il cosiddetto “welfare paradox”, concetto sviluppato a livello accademico e politico a partire dagli anni ’90, che descrive le contraddizioni dei sistemi di welfare avanzati: quanto più uno Stato sociale è generoso e articolato, tanto più rischia di generare effetti collaterali contrari ai propri scopi originari.

Tra questi: la dipendenza prolungata dai sussidi, che riduce gli incentivi all’attivazione professionale; la dipendenza assistenziale intergenerazionale, ovvero i casi dove i figli di persone in assistenza interiorizzano la situazione e richiedono a loro volta l’aiuto sociale; l’erosione del senso di responsabilità individuale e familiare, a fronte di un’assistenza percepita come automatica e incondizionata; la frustrazione dei ceti produttivi, che finanziano il sistema senza beneficiarne; la sfiducia nell’equità del sistema, alimentata anche da riscontri di abusi e distorsioni; l’effetto attrattivo che un welfare generoso può esercitare su fasce di popolazione mobile, con conseguenze sui costi e sulla sostenibilità.

In Ticino questi fenomeni sono ben visibili: aumentano i beneficiari di sussidi di cassa malati, assegni integrativi e di prima infanzia, prestazioni complementari e assistenza, mentre cresce il senso di iniquità sociale e di “paradosso fiscale”, con lavoratori a tempo pieno che in alcuni casi guadagnano effettivamente meno, in termini netti, di chi riceve contemporaneamente più prestazioni sociali. Non sono dicerie, ma casi concreti – calcolatrice alla mano.

Parallelamente, la questione degli abusi resta un tema rilevante: la mancanza di controlli efficaci e la frammentazione delle competenze alimentano un sentimento diffuso di ingiustizia e disillusione. Rispetto al 2005, inoltre, la società ticinese ha conosciuto una trasformazione importante: la maggiore mobilità della popolazione fa sì che l’accesso alle prestazioni sociali riguardi oggi anche persone che si stabiliscono solo recentemente sul territorio. Questa evoluzione, che a suo tempo era marginale, solleva interrogativi sull’equilibrio tra contribuzione e beneficio e sull’impatto complessivo per le finanze cantonali.

Un sistema che, pur riconosciuto a livello intercantonale come “all’avanguardia”, non tiene più conto di queste trasformazioni rischia di diventare squilibrato: da un lato, genera frustrazione nei contribuenti; dall’altro, mette ulteriormente sotto pressione le finanze pubbliche, che non possono essere risanate unicamente a colpi di aumenti fiscali. Per questo motivo diventa imprescindibile un confronto con gli altri Cantoni, per valutare differenze, convergenze e margini di allineamento, e per capire se il Ticino stia erogando prestazioni più generose di quanto sia oggi sostenibile.

In parallelo, la carenza crescente di manodopera in numerosi settori dell’economia cantonale rende ancora più urgente interrogarsi su un sistema sociale che, invece di promuovere l’attivazione e il reinserimento professionale, rischia di incentivare dinamiche di permanenza passiva nella dipendenza dalle prestazioni.

Va ribadito che un sistema sociale solido e affidabile è indispensabile per tutelare chi si trova in reale stato di bisogno, e che la sua funzione primaria resta quella di garantire coesione e sicurezza sociale. Proprio per questo, è responsabilità delle istituzioni vigilare affinché il modello resti sostenibile, equo ed efficace, evitando derive che ne minano la legittimità e l’accettazione da parte della popolazione.

A vent’anni dall’entrata in vigore della LAPS, diventa quindi imprescindibile applicare i principi della buona prassi legislativa validi a livello federale, sanciti dall’art. 170 della Costituzione federale, che impongono la verifica periodica dell’efficacia delle leggi. È tempo di interrogarsi se il modello sociale cantonale sia ancora in grado di rispondere ai suoi obiettivi originari, se sia finanziariamente sostenibile e se sia strutturato in modo da responsabilizzare e valorizzare l’impegno delle persone. In gioco non vi è solo l’efficienza della spesa pubblica, ma la tenuta del patto sociale tra chi contribuisce e chi riceve.

Richieste della mozione: il Gran Consiglio invita quindi il Consiglio di Stato a:

Avviare senza indugio un’analisi approfondita, interdisciplinare e indipendente dell’attuale sistema sociale cantonale, che valuti in maniera sistematica:
a. l’efficacia delle singole prestazioni nel raggiungere i loro obiettivi dichiarati;
b. l’efficienza nell’utilizzo delle risorse pubbliche e la loro sostenibilità finanziaria a medio e lungo termine;
c. l’equità nell’accesso e nella distribuzione dei benefici, anche in rapporto alla durata della residenza e della contribuzione;
d. la presenza di eventuali distorsioni, sovrapposizioni, disincentivi al lavoro e abusi;
e. il confronto con i sistemi in vigore negli altri Cantoni, al fine di verificare se e in quale misura il modello ticinese risulti più oneroso, meno selettivo o meno orientato alla responsabilizzazione dei beneficiari;
f. L’analisi dovrà fornire un quadro completo e trasparente, accompagnato da dati quantitativi e qualitativi, idoneo a costituire la base per una revisione legislativa strutturale.
Sulla base dei risultati dell’analisi, presentare al Gran Consiglio, entro un termine definito, una proposta di revisione complessiva della LAPS e delle normative settoriali che regolano le singole prestazioni sociali ad essa annesse. Tale proposta dovrà configurarsi come una riforma strutturale del sistema sociale cantonale, con l’obiettivo di:
a. garantire coerenza e coordinamento fra le diverse prestazioni;
b. rafforzare i criteri di selettività, equità e proporzionalità;
c. incentivare l’attivazione e il reinserimento professionale dei beneficiari idonei;
d. responsabilizzare le persone e le famiglie, evitando dinamiche di dipendenza cronica;
e. assicurare la sostenibilità finanziaria a lungo termine, tutelando nel contempo chi si trova in reale stato di bisogno.
Vista l’analisi della spesa pubblica in corso (chiesta nell’ambito del Preventivo 2023) tale mozione potrà rappresentare – per razionalizzare i lavori e per coerenza – un pilastro dei lavori in corso.

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