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08.08.2018 - 09:000

16 anni e un grande amore. "Quando la Valascia non ci sarà più..."

L'emozionante tema di una giovanissima tifosa sulla sua pista. "È il luogo che vorrei fosse la mia seconda casa. Cosa resterà?"

di Delia Locatelli*

Tanti penseranno o diranno che avere una pista di ghiaccio nel cuore sia scontato o stupido. Ma spesso lo dicono perché per loro non ha valore, perché forse non vi hanno mai provato emozioni, o forse non ci sono neanche mai andati. E allora perché criticare una persona, se vi si sente a proprio agio? Mi è successo molte volte, ed è per questo che non ne parlo spesso.

Il luogo che mi è rimasto e rimarrà per sempre nel cuore è la Valascia. Quale posto più bello? Già da quando ero piccola, dalla prima volta in cui sono entrata, me ne sono innamorata. 

È quel luogo in cui entri tutto infreddolito, battendo i denti, e ne esci più accaldato che mai. È quel posto dove 6500 persone si uniscono in un solo coro e respirano la stessa atmosfera. Quella di una partita, di una sfida, o di un derby. È quel posto dove vedi la tua squadra giocare, e la inciti sperando che vinca. E infine, è quel posto dove vivi mille emozioni, e vorresti stare lì per sempre e non andartene più.

Però, da un lato, quando torni a casa pensi: e se tutto questo finirà? Se non si proveranno più le stesse emozioni? Si potranno ancora sentire il gelo e l’adrenalina nelle vene quando la nuova Valascia sorgerà?

Ecco, io non credo. Perché se questa pista verrà demolita, non ci sarà più niente di quello che c’è adesso. Questa Valascia testimonia di come una piccola squadra sia riuscita a raggiungere le grandi compagini svizzere nella classifica del campionato di lega A. Di come abbia lottato per stare allo stesso livello. 

Chi lo avrebbe mai pensato? L’Ambrì è “una squadra che vive grazie al popolo, e morirà quando lo deciderà questo popolo” diceva Filippo Lombardi. Questa Valascia incarna la storia di come sei giovani di Piotta ed Ambrì siano riusciti a fondare questo Club. 

Questa Valascia è nata nel 1937, e a distanza di anni, incarna ancora lo spirito combattivo. In questa Valascia, sono passate tutte le grandi stelle che la squadra abbia mai avuto ( Peter Jaks, Dale McCourt, Nicola Celio).

In un certo senso lo è diventato anche Inti Pestoni, il più “piccolo” della squadra, quello che veniva protetto dai propri compagni e dai tifosi. Quello che ha regalato uno sprazzo di luce quando l’Ambrì si trovava nel buio più totale, quello che ha saputo farsi apprezzare ed è diventato il “beniamino” della squadra. Quello per cui hai pianto quando ha firmato a Zurigo. Quello che si è commosso quando ha ricevuto la “C” di capitano alla sua ultima partita alla Valascia. Quello che ha fatto male quando ha giocato l’ultima partita in casa. Il suo viso, pieno di ricordi. Quello che, nonostante tutto, ha portato e onorato l’ultima maglia biancoblù. Quello che non si potrà mai dimenticare. Quello che resterà sempre nel tuo cuore.

Ma la domanda a questo punto è: se queste stelle, questi grandi giocatori se ne vanno, cosa faremo poi? È vero, ne arriveranno altri forti, ma non puoi essere sicuro che ti lasceranno quello che hai provato fino adesso. E la Valascia? Quella casa aperta, nella quale entravi battendo i denti e ne uscivi più accaldato che mai? Avremo ancora questi segni, li proveremo ancora? Per quanto sia difficile dirlo, io penso di no. Ogni volta che passo su e giù per andare alla mia cascina in Valle Bedretto, non posso fare a meno di guardare la pista e chiedermi fino a quando potrò ammirarla. E purtroppo lo so. 

Quando guarderò lì, non ci sarà più niente, forse una casa, forse nulla. E ricorderò i bei momenti passati là. Come sarà la nuova pista? Ci sarà ancora la Curva Sud? Ci sarà ancora il freddo invernale, all’interno? E soprattutto, ci saranno ancora i cori che echeggiano fuori dalla pista?

Alle volte mi piace immaginare, vagare con la fantasia; ed è sempre a questo che penso: Tempo di finale, finale di campionato. Gara 7. Finale contro il Lugano. Tempo di derby. Tensione alle stelle. Valascia. Ore 19:45. Tutto pieno. Esaurito. Striscioni dappertutto, bandierine svolazzanti e sciarpe, sciarpe ovunque. Comincia il primo tempo. Tifosi e giocatori tesissimi. Finisce anche il secondo tempo. 0-2. Terzo tempo. Ultimi 20 minuti, 1 gol. 1-2. 10 minuti. 2-2. Sta per scadere il tempo. Serve il gol, serve la vittoria. Adesso. Ultimi 30 secondi di gioco. Fuchs s’impossessa del disco, supera la linea di fuorigioco, scavalca Chiesa, passa. Hall si slancia in avanti, frontale con Elvis. A sua volta Merzlikins si butta in avanti. Errore. La pista si blocca. Nessuno fiata. Hall scivola, passa il disco a Pestoni sulla destra. Alza il bastone. Prepara. Colpisce. Boato dei tifosi. Il disco è dentro, 0,01 secondi. Suonano le sirene. La pista è un fracasso unico. I giocatori si tolgono caschi, guanti, abbandonano il bastone e si buttano uno sopra l’altro. La curva è in delirio. Si grida, si ride e… si piange. È un sogno, un sogno che si avvera. 

Poi, tutto ad un tratto t’immagini fuori dalla pista, seduto dall’altra parte della vallata. Silenzio un attimo. Nevica, Nevica fitto. Piccoli batuffoli bianchi si appoggiano lievi sul terreno. Poi, nella solitudine, lo senti. È come un eco lontano, che poco a poco si fa più forte, fino a spingerti ad imitarlo. È la Montanara. Migliaia di voci si levano tra pianti ed urla di gioia. L’Ambrì ha vinto. Hai vinto il campionato. E ti ha fatto sognare ancora una volta. Come sempre del resto. Ed è tutto.

È questo che mi piacerebbe poter vedere. Non voglio dire che non sono bravi, anzi, li ammiro più di ogni altra cosa. È che sarebbe IL sogno, se vincessimo il campionato in questa Valascia. Non ho mai provato questa emozione, non così grande, ma so che arriverà un giorno in cui quei ragazzi riusciranno a buttare il disco in porta. In partita, all’Overtime, ai rigori, non importa, basta che vincano. E ce la faranno, alzeranno con i tifosi le braccia in alto, e grideranno al mondo la loro vittoria, il loro spettacolo, il loro sogno.

Ultimamente, ho visto un film, un film che ritengo essere il mio preferito. Ad un certo punto, l’allenatore Herb Brooks fa irruzione nello spogliatoio della squadra che sta per portare in semifinale alle Olimpiadi invernali contro i migliori al mondo, i Sovietici, e pronuncia il primo discorso sentimentale, che cito qui sotto:  “I grandi momenti derivano da grandi opportunità, ed è quello che vi siete meritati, stasera. Una partita. Se ne giocassimo dieci, loro ne vincerebbero nove. Ma non questa partita, non stasera. Stasera pattineremo con loro, stasera li affronteremo, e riusciremo a batterli, perché possiamo. Stasera, noi siamo la più grande squadra d’Hockey del mondo. Siete nati per diventare dei giocatori, ognuno di voi, era destino che vi ritrovaste qua, stasera. Questo è il vostro momento. Il loro momento è passato, è finito. Io non ne posso più di sentire dire che grande squadra siano i sovietici. Questo è il vostro momento! Andate e vincete.”

Secondo me, l’ opportunità dell’Ambrì arriverà prima o poi, non so quando, ma arriverà. Spero in questa pista.

Comunque, la Valascia a mio parere è un luogo magico, dove non si può non cantare, dove non si può non sorridere. È quel posto che vorrei fosse la mia seconda casa, che vorrei vedere per sempre. Mi ha rapito la sua atmosfera. I suoi giocatori. I suoi tifosi. È quel luogo in cui tutti, nella vita, dovrebbero andarci almeno una volta.

E purtroppo non c’è più tanto tempo per farlo.

 

*16 anni, in un tema

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