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20.08.2017 - 17:000
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

Un mese al processo a carico di Bosia Mirra. "La mia non è stata una scelta, non potevo tornare a casa e far finta di nulla. I colleghi in Parlamento..."

La deputata è accusata di nove episodi in cui avrebbe aiutato a entrare in Ticino clandestini, li avrebbe a volti ospitati a casa, avrebbe pagato loro il viaggio per la Germania. "Provai a parlare con le Guardie di Confine. Ho commesso un'infrazione ma non un reato"

BELLINZONA - Quando fu fermata mentre stava aiutando dei clandestini a entrare illegalmente in Svizzera, divamparono polemiche: colpevole o innocente? Deve dimmetersi oppure no? Lisa Bosia Mirra è una deputata e una persona che divide, tra chi la attacca e chi le sta a fianco, senza riserve. Fra un mese, il 21 settembre, andrà a processo a Bellinzona, perché si è opposta al decreto d'accusa 80 aliquote giornaliere, oltre una multa da mille franchi per incitazione all’entrata, alla partenza e al soggiorno illegale.

Da quanto si legge nel testo del decreto, come riporta oggi Il Caffé, nove sono gli episodi incriminati. Il 18 agosto aiuta due siriani a entrare nel Paese, li ospita a casa sua e poi paga loro il biglietto per Francoforte. Tra il 19 e il 20 agosto tocca a tre eritrei, entrati da Brusata e da Novazzano, e partiti verso la Germania. Poi, il 22 sono altre due donne eritree a essere aiutate e ospitate, prima di essere anch'esse fatte andare in Germania. Vanno direttamente in quel paese tre eritrei, inon l 26 agosto invece Bosia Mirra è pronta a ospitare a casa sua, ancora una volta, cinque profughi. E infine il primo settembre viene fermata a San Pietro di Stabio. Ma anche l'accusa di staffetta viene contestata, perché risulterebbe troppo breve il tempo intercorso fra l'entrata della socialista e quella della vettura con a bordo dei minorenni eritrei: non avrebbe fatto in tempo ad avvertire in caso di pericolo.

Per la difesa, ha agito per motivi umanitari, oltretutto in uno stato di stress e bourn out causati dalle situazioni che stava vedendo e vivendo. E viene paragonata a Rivoir, che aiutò molti cileni.

Lisa Bosia ha intenzione di non mollare, in nessun caso. "Se mi condanneranno farò sicuramente ricorso, continuerò la battaglia contro muri e ingiustizie. Se mi assolveranno resterò in Gran Consiglio. E comunque io so di avere commesso una infrazione ma non penso di aver commesso un reato", afferma. Non è pentita, la sua, ritiene, non è stata una scelta: "ero scioccata. Non potevo, dopo una giornata di volontariato, rientrare a casa e fare finta di non aver visto o sentito".

Racconta dei tentativi, compiuti anche da lei stessa, di dialogare con le Guardie di Confine, di cercare di spiegare la situazione, soprattutto riferendosi ai molti che non volevano fermarsi in Svizzera ma solo attraversarla, andati a vuoto. Si oppone all'idea che si sta diffondendo della beneficienza come lavoro: lo è quella di chi commercia esseri umani, a Dubai.

"Tanti in privato mi hanno espresso la loro sincera solidarietà personale. Poi in pubblico sono stati zitti", dice riferendosi ai colleghi di Gran Consiglio.

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