Don Feliciani: "Quella che imparano non è la morte vera, ma la “fiction”, la quale non solo non li educa a una riflessione seria e sapiente sul grande mistero"

di Don Gianfranco Feliciani
Ogni anno, nelle giornate dei Santi e dei Morti, nei nostri cimiteri c’è sempre un viavai di gente. È giusto ed è bello che sia così! È un istinto del cuore pensare a quelli che ci hanno preceduto nel cammino della vita e lasciare sulle loro tombe un segno del nostro affetto e della nostra riconoscenza: un fiore, un lumino, una preghiera. Un viavai di gente, ma pochissimi bambini, ragazzi e giovani. Come mai? È come se per la nostra gioventù la morte non esistesse. È vero che sono bombardati di continuo dalle immagini di morte che vedono nei film e persino nei loro “giochini”, ma è altrettanto vero che quella che imparano non è la morte vera, ma la “fiction”, la quale non solo non li educa a una riflessione seria e sapiente sul grande mistero, ma li inganna con la pericolosa illusione dell’immortalità.
In passato non era così. L’uomo della pietra viveva con una durata media di forse diciott’anni. Anche al tempo di Gesù e degli imperatori romani l’uomo non viveva molto più di vent’anni. Soltanto l’enorme progresso medico del secolo scorso ha portato a un radicale mutamento, e oggi la durata media della vita si aggira sugli ottant’anni e più. Ciò significa che un tempo già ogni bambino entrava, in tutta naturalezza, in contatto con la morte, con quella dei propri fratelli, dei genitori, dei nonni. Oggi soltanto pochi bambini hanno visto il corpo senza vita di un congiunto.
Quindi – ci insegna la moderna psicologia – nel processo di socializzazione della prima fase di vita del bambino, che è così fondamentale, la realtà della morte oggi non svolge più alcun ruolo nella formazione dell’atteggiamento globale verso la realtà e nell’elaborazione esistenziale del negativo presente nella vita. È una lacuna preoccupante perché ne va della salute psicologica dei nostri figli. Si tratta di un pezzo mancante che non si può accantonare, perché smarrito il senso della morte si smarrisce alla fine il senso stesso della vita. Le angosce provocate da tutti i processi di rimozione sono dunque ampiamente documentate dagli specialisti della psiche umana. Ma ancora una volta la problematica giovanile rimanda alla responsabilità educativa e alla latitanza degli adulti. Infatti, il problema non è dei ragazzi, ma degli adulti! Accompagnare i nostri figli al cimitero, e parlare loro di Gesù morto e risorto che tutti ci attende nella gioia del Cielo, è un dovere umano e cristiano proprio di noi adulti, è comunicare ai nostri ragazzi la vera sapienza della vita.