Il papà di Damiano: "Ma mi chiedo: cosa fanno i genitori di questi ragazzi? Credo che la maggiore responsabilità sia da imputare loro..."
di Maurizio Tamagni
Come presidente della Fondazione Damiano Tamagni, come padre e come cittadino sono molto preoccupato dalle notizie dei recenti episodi di violenza giovanile successi a Lugano e non solo. Non posso fare a meno di ripensare a quello che successe 17 anni fa che portò alla morte di Damiano e alle varie avvisaglie che precedettero il fatale avvenimento. Nei mesi precedenti ci furono notizie di pestaggi che purtroppo si rilevarono il preludio della tragedia. Il mio timore è che prima o poi possa succedere di nuovo l’irreparabile.
La Fondazione Damiano Tamagni ha lo scopo di prevenire la violenza giovanile, oltre all’aiuto alle vittime. In questi anni ha portato avanti molti progetti e iniziative. Chiaro che è difficile valutare l’esito della prevenzione se i numeri sono limitati (per fortuna), ma siamo fiduciosi che il nostro impegno abbia contribuito ad aiutare qualche giovane.
La morte di Damiano suscitò grande emozione, tanto che il solo fatto contribuì a calmare il trend di violenze tra giovani. Il governo creò una commissione dedicata che portò diverse proposte di prevenzione. Chiaro che con il passare degli anni l’emozione va calando e gli autori dei fatti attuali, nel 2008, erano appena o non ancora nati.
Cosa fare? È da molto che ci penso. Da parte mia, quando ho la possibilità di comunicare con i giovani, semplicemente raccontando i fatti, credo di trasmettere emotivamente loro le mie emozioni ed ho sempre percepito che il mio intervento sia risultato molto utile. Però non posso raggiungere tutti per i miei limiti di tempo e di energie.
La Fondazione ha anche a disposizione un mezzo di prevenzione molto importante: il cortometraggio di Marco Bitonti “La Violenza Senza Maschera”. In poco più di 30 minuti racconta una vicenda ispirata a Damiano, riportando fatti quasi fedelmente alla realtà, però nel tempo attuale e non a carnevale, adattandola a qualsiasi luogo e realtà. Con esso si evidenziano molto bene le conseguenze tragiche sia per la vittima sia per gli aggressori.
Tornando all’attualità, concordo con chi dice che gli autori, soprattutto se minorenni, abbiano la consapevolezza di una certa impunità, specialmente se la vittima non ha delle conseguenze fisiche gravi. Certo che i giovani debbano sapere che nella vita ci siano delle conseguenze ai propri gesti, però mi chiedo: cosa fanno i genitori di questi ragazzi? Credo che la maggiore responsabilità sia da imputare loro e che dovrebbero subire delle conseguenze dai reati commessi dai loro figli minorenni.
Questa era una delle proposte della commissione costituita 17 anni fa, ma c’è stato chi affermò che così si andava a colpire le famiglie già in difficoltà. Vero! Ma allora i figli delle famiglie “sane” devono poter subire le conseguenze delle azioni dei figli delle famiglie in difficoltà?
Certo che la maggior parte delle famiglie e dei ragazzi non hanno questi problemi. Però, a mio modo di vedere, la violenza giovanile non nasce solo dalle famiglie disagiate: credo che genitori di ogni ceto sociale, essendo presi da molte sollecitazioni e bisogni (a volte superflui) della vita, non dedichino il dovuto tempo ai figli, che vengono poi compensati fin dai primi anni concedendo loro tutto. In questo modo si creano dei piccoli dittatori che poi, nell’adolescenza, saranno difficili, se non impossibili, da gestire.
Che fare? La Fondazione ha già proposto un progetto indirizzato ai neo genitori e cercato di organizzare degli incontri, ma risulta molto difficile perché, se si riesce a farlo, i partecipanti sono solo quelli che non ne hanno bisogno.
Punizione per i ragazzi: perché non togliergli il cellulare?
La Fondazione Damiano Tamagni, nel limite delle proprie possibilità, è sempre a disposizione di enti e autorità per eventuali collaborazioni.