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05.11.2017 - 16:060
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

Tutti contro Dadò, tranne i suoi e... la Destra. Bignasca, "se resta presidente fra sei anni il partito non esiste più. E adesso hanno un bel problema, tra la sua successione e quella di Beltraminelli"

I capigruppo sono stati interpellati in merito alla presenza di Dadò alla riunione della compagna con Renato Bernasconi. Augstoni: "non era lì come presidente". Pronzini: "inaccettabile che ci fosse il presidente di chi ha in mano quel Dipartimento. In un paese normale..."

BELLINZONA – Ce l’hanno tutti con Fiorenzo Dadò, tranne il suo capogruppo Maurizio Agustoni e quello della Destra Gabriele Pinoja, che però spara su Beltraminelli.

Il Caffè ha chiesto ai rappresentanti dei partiti che cosa pensano della presenza del presidente pipidino alla ormai famosa riunione con Renato Bernasconi,  capodivisione dell’Azione sociale e delle famiglie per fornire spiegazioni in merito alla famosa cena offerta da Sansonetti a lui e alla compagna, responsabile del servizio richiedenti l’asilo.

"Mi pare comprensibile la scelta di Dadò di partecipare all’incontro così da spiegare cosa era successo. Ovviamente non stava lì come presidente del ppd. Ma come persona sulla quale, in quel momento, circolavano voci e illazioni, per cui mi pare normale che abbia voluto spiegarsi di persona”, lo difende Agustoni, mentre per Pinoja “meglio ancora se ci fosse stato anche Beltraminelli”. Al quale, però, non crede più: "Non credo nel modo più assoluto che fosse all’oscuro e non conoscesse Sansonetti e la situazione di Argo".

Duri invece i colleghi. Ivo Durisch dei socialisti è perplesso dal fatto che Dadò non ha detto nulla in Gestione riguardo alla sua presenza, e lo lascia con qualche dubbio anche il comportamento dell’ufficio stesso, con la richiesta di sospensione dell’ex agente Argo ora alla Securitas (ma qui non c’entra Dadò).

"Se il contesto dell’incontro è stato quello spiegato dal capodivisione, ovvero chiarire questioni legate a una vicenda su cui è stata aperta addirittura un’inchiesta disciplinare, è chiaro che la presenza del presidente del PPD non era opportuna", ha commentato il liberale Alex Farinelli. E a suo dire, se la funzionaria aveva bisogno di qualcuno che suffragase la sua versione, c’è un problema di fiducia.

Piccha duro Attilio Bignasca. "Avevo detto che se Dadò resta presidente fra sei anni il PPD non ci sarà più. I fatti mi stanno dando ragione. Perché è un politico troppo irruente e vuole sempre aver ragione. E prevedo anche il fallimento della commissione parlamentare d’inchesta, perché il PPD ha un dilemma per la successione tra Dadò e Beltraminelli e il PLR ha le sue gatte da pelare con i vari Blotti, Scheurer e, adesso, Renato Bernasconi…".

Non ci va giù leggero nemmeno Matteo Pronzini dell’MPS: "Inaccettabile che a quegli incontri ci fosse il presidente del partito che ha in mano il Dipartimento. Era un incontro fatto anche per capire cosa la stampa di lì a poco avrebbe scoperto e dunque tutelare anche la posizione di Dadò.  In un Paese normale ministro e alti funzionari si sarebbero già dimessi", per il verde Maggi la presenza del presidente era inammissibile.
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