POLITICA
Gobbi e il CCL della vendita. "È un salario complementare a un altro in famiglia"
Il Consigliere di Stato ha detto che "chi lavora nel ramo di solito è moglie o figlia di qualcuno, e lo stipendio integra". Replica Pronzini: "Quindi per vivere bisogna avere il doppio del minimo!"

BELLINZONA – Il contratto collettivo per la vendita sta per entrare in vigore, con soddisfazione di OCST, che esulta: “mai più contratti sotto i 3'000 franchi e senza tredicesima!”, mentre UNIA sembra pronta a dar battaglia. Contemporaneamente, si partirà, forse entro l’estate, con la nuova Legge sulle aperture, dato che la condizione sine qua non era il CCL.

A non piacere al Comitati di L’8 ogni giorno, ovvero un gruppo femminista, sono alcune parole di Norman Gobbi pronunciate l’altra sera in un dibattito con Matteo Pronzini alla RSI. “Il calcolo per il salario minimo è stato fatto sul concetto di salario complementare a un altro”, ha detto, specificando come “chi è impiegato è moglie o figlia di qualcun altro, e integravano i salari per avere un minimo salariale. Ricordiamoci che se sono troppo alti, avvantaggiano i frontalieri”.

“Ma un salario deve permettere a una persona di vivere, così afferma che per sopravvivere bisogna avere il doppio dello stipendio che proponete”, ha replicato Pronzini.

Gobbi ha insistito ancora sulla complementarietà, “il minimo serve a garantire a funzioni di basso livello formativo un riconoscimento corretto, ampiamente superiore a quanto ricevuto oltre confine e in tutta Europa”.

La visione del leghista dunque pensa alla commessa o venditrice come una persona che lavora ma non è l’unico in famiglia, e che dunque il suo stipendio è complementare a quello del marito o del padre.

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