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07.06.2023 - 09:040

Brenno Martignoni: Rudol'f Nureyev, "il tartaro volante"

“Amo ricordare le circostanze della mia nascita perché posso distinguervi le principali direttrici della mia vita: mi sembra rivelatore il fatto che io sia nato strada facendo. Era mio destino essere cosmopolita e non essere a casa da nessuna parte"

di Brenno Martignoni Polti

Sulla Transiberiana in corsa. È lì che nasce. Il 17 marzo 1938. "Il tartaro volante". Presso Irkutsk. Unione Sovietica. A più di cinquemila chilometri da Mosca. La madre Farida. In viaggio, assieme alle altre due figlie, diretta a Vladivostok. A raggiungere il padre Khamet. Dove era di stanza. Quale “Politruk”. Commissario dell’Armata Rossa. Rudol’f Chametovič Nureev. Traslitterato. Rudolf Nureyev. Ballerino e coreografo. Dirà di sé. “Amo ricordare le circostanze della mia nascita perché posso già distinguervi le principali direttrici della mia vita: mi sembra rivelatore il fatto che io sia nato strada facendo. Era il mio destino essere cosmopolita e di non essere a casa da nessuna parte.” Abilissimo. Intenso. A lui si deve l’inedito focus ai ruoli maschili. Rivoluzionario. A sfumare distinguo. Tra classico e moderno. Infanzia difficile. Nel pieno della seconda guerra mondiale. Ultimo di quattro. Tre sorelle maggiori. Roza. Razida. Lilla. Non può studiare subito danza. A spalancargli le porte, l’Accademia Vaganova a San Pietroburgo, nonostante fosse già diciassettenne. Da vero talento. Brucerà ogni tappa. Conclude i canonici otto anni accademici, in soli tre. Maestro di danza. Poco più che ventenne, è nella prestigiosa compagnia del Kirov. Teatro imperiale. Ora Mariinskij. Eccellendo in cose mai viste. “Uno pensa sempre d'aver dato più di quel che ha ricevuto, ma per dare bisogna avere qualcosa dentro”. Genialità pura. Nel 1961, in tournée a Parigi. Chiede asilo politico alla Francia, essendo condannato dalla Russia sovietica per alto tradimento. Un esilio forzato. Lungo venticinque anni. Cementò un’unione di una vita. Con Margot Fonteyn. Leali l'uno all'altra fino alla fine. Lei, già famosissima. Lui, agli esordi, sconosciuto in Occidente. Tecniche da fuoriclasse con movimenti suoi propri. Mescolanze di temperamenti. Interiore, controllata, Margot. Ardente, esplosivo, Rudolf. Diversi, gli amanti. Per lo più, uomini. Celeberrimi. “Eddie". Il “suo" frontman Freddie Mercury. L’attore americano Anthony Perkins. Erik Bruhn. Direttore del Balletto Reale Svedese. Mick Jagger. Pop star. Wallace Potts. Regista. Robert Tracy. Ballerino. Dense, le amicizie. Maria Callas, Jackie Kennedy, Andy Warhol, Liza Minnelli, Nastassja Kinski. Innumerevoli, le compagnie. American Ballet, New York City Ballet, English National Ballet, Royal Swedish Ballet, National Ballet of Canada, Joffrey Ballet, Ballet du XX Siècle di Maurice Béjart, Balletto dell’Opéra di Parigi, Opera di Vienna. Scala di Milano. Carla Fracci e Liliana Cosi. Vastissimi repertori. Con i migliori coreografi. Martha Graham. George Balanchine. Maurice Béjart. Roland Petit. Murray Louis. Nureyev interpretò anche due film. “Valentino” di Ken Russell, nel 1977. “Exposed” di James Toback, del 1983. Lo stesso anno, “premier maître de ballet” dell’Opéra di Parigi. Poi, la fatale diagnosi. AIDS. Non si perse però d’animo. Nel 1987, grazie al presidente Michail Gorbačëv, ritornò in Patria. Con un clamore mediatico senza precedenti, per riabbracciare i familiari. La madre, malata da tempo, non lo riconobbe e morì poco dopo. François Mitterrand, nel 1988, lo nomina Cavaliere della Legione d’Onore (il più alto riconoscimento civile conferito in Francia). La sua ultima apparizione in scena, l’8 ottobre 1992. Opéra di Parigi. Un tripudio di applausi. Un’ interminabile ovazione. Rudolf, visibilmente commosso. Provato dalla malattia. A salutare con il sorriso. Lo sguardo fiero. Di sempre. Si spegnerà il 6 gennaio 1993. Le esequie nel foyer dell'Opéra Garnier di Parigi. Sulle note di “Giselle”. Riposa nella Ville Lumière. Nel cimitero russo di Sainte Geneviève des Bois. Tumulato con le sue scarpe di danza. Il suo avello riproduce il drappeggio di un kilim kazako. Opera a mosaico dello scenografo Ezio Frigeri. Dal 1999, “The Rudolf Nureyev Foundation”, con sede a Zurigo, promuove iniziative culturali e filantropiche. Offre supporto a nuovi talenti. Gestisce un fondo per ballerini emeriti. Sostiene la ricerca medica in tema Hiv. Grande anima. Di eroe moderno. Imbattibile.

 

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