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07.11.2017 - 14:450
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

I quotidiani criticano il Governo. Caratti, "sembravano scolaretti alle prime armi". Righinetti: "Imbarazzante Bertoli quando ha ammesso che hanno saputo molti fatti a spizzichi e bocconi"

Matteo Caratti parla di "pièche scadente" e di "risposte ottenute col forcipe". Duro sul Corriere del Ticino Gianni Righinetti, "l'unico Consigliere di Stato che per ora non è stato trascinato nello scandalo è Zali. Governo messo in imbarazzo da Beltraminelli, Dadò e Bernasconi"

BELLINZONA – I quotidiani ticinesi non potevano esimersi dal dedicare gli editoriali alla seduta fiume di ieri del Gran Consiglio, quasi tutta dedicata al caso Argo 1.

Come di consueto, Matteo Caratti de La Regione non ha risparmiato toni duri, parlando di una “pièce è di quelle scadenti, che non fanno certo onore al modus governandi finito sotto i riflettori”.

“Il governo in corpore non ha saputo nascondere l’imbarazzo. Quasi i ministri fossero scolaretti alle prime armi, li abbiamo visti leggere le risposte dagli appunti. Forse per paura di dire qualcosina di più e far cadere il castello di carte che, di rivelazione in rivelazione, ondeggia pericolosamente?”, si chiede.

Parla poi di risposte ottenute col forcipe, e attacca: “L’impressione ricavata è che il governo abbia perlomeno capito che, se non cambia passo, rischia di essere pesantemente screditato da un consigliere di Stato (Beltraminelli) e da un presidente di partito (Dadò) e da un capodivisione (Bernasconi), i cui atteggiamenti e comportamenti in questa vicenda sono palesemente inopportuni (quando non, almeno per chi ha conferito in quel modo diversi mandati diretti, addirittura illegali)”.

Sul Corriere del Ticino Gianni Righinetti ha ripercorso il caso, venuto alla luce per due operazioni di polizia contemporanee e che “ci ha aperto gli occhi su un sottobosco inquietante. Un aspetto che la politica dell’orticello cantonticinese ha presto perso di vista, ma che non deve smettere di farci riflettere e preoccupare”. Paolo Beltraminelli ha voluto speculare, anche se non sarebbe stato opportuno, ma il resto del Governo non è esente da colpe: “il solo consigliere di Stato che, per ora, è riuscito a non farsi trascinare in una vicenda che potrebbe lasciare politicamente il segno è Claudio Zali. Ieri, sornione, ha assistito allo scontro fra Esecutivo e Legislativo in religioso silenzio. Ma la frase più imbarazzante l’ha pronunciata il presidente del collegio governativo Manuele Bertoli quando ha ammesso che anche l’Esecutivo molte cose le ha conosciute a spizzichi e bocconi, contemporaneamente ai parlamentari e ai cittadini. Grazie al lavoro del quarto potere”.

Definisce l’attivissimo Pronzini una “spina nel fianco del Governo”. E conclude l’analisi: “dalla partita che si è giocata in aula nessuno può dirsi uscito vincitore. Ha certamente convinto maggiormente il Parlamento che, in maniera composta ma con decisione, ha insistito nel sollecitare risposte. Quelle preconfezionate e riferite a rotazione da Beltraminelli, Bertoli, Vitta e Gobbi sono arrivate; poi l’Esecutivo si è chiuso a riccio facendo valere questioni formali che hanno innervosito l’intero Gran Consiglio, con il solo PPD a tentare l’improbabile impresa di chiudere le falle in una diga pericolante. Raramente si era visto un Parlamento, in primis i partiti di governo, compatto nel fustigare l’Esecutivo. Resta il fatto che le risposte vere sul caso Argo 1 le potranno dare la magistratura e il perito incaricato dal Governo. Difficilmente sarà la Commissione parlamentare d’inchiesta a fare piena e convincente chiarezza”.
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